Qui c’è lo zampino di Hugo Chà¡vez Maduro tra il serio e il faceto
Tra il serio e il faceto, si è detto sicuro che ci sia stato lo zampino di Hugo Chà¡vez, morto il 5 marzo, le cui spoglie sono ancora al centro di un pellegrinaggio moltitudinario. Maduro si è lasciato trasportare dall’enfasi di una campagna elettorale che lo vede candidato per il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), il 14 aprile, contro il rappresentante della destra Henrique Capriles Radonski, scelto dalla Mesa de la unidad democratica (Mud). E ha così affermato: «Noi sappiamo che il nostro comandante è salito fino a quelle altezze, che ormai è faccia a faccia con Cristo. Una nuova mano si è mossa e Cristo gli ha detto: è arrivata l’ora del Sudamerica». E poi ha aggiunto scherzando che Chà¡vez, a un certo punto «convocherà una costituente nel Cielo, per cambiare la Chiesa, perché sia il popolo, il popolo puro del Cristo a governare il mondo».
Un’allusione alle ombre che accompagnano la figura dell’ex cardinale Jorge Mario Bergoglio, ex arcivescovo di Buenos Aires, accusato di complicità con la dittatura che oppresse il paese tra il 1974 e l’83? Le reti sociali argentine hanno rilanciato le accuse, riprese anche in Venezuela: ricordandone soprattutto omissioni e silenzi. Si riportano in luce alcuni suoi scritti, poi emendati, nei quali Bergoglio sosteneva «che in alcun modo» si dovesse criticare il governo golpista perché una sua caduta avrebbe portato «con molta probabilità , al marxismo». Alcune letture vedono perciò nella sua elezione qualcosa di analogo a quanto avvenne con Wojtyla e il campo socialista: un tentativo di stoppare l’onda progressista che intende proseguire sulla strada del «socialismo del XXI secolo», anche appoggiandosi sul nuovo mito Chà¡vez.
In molti, però, sembrano orientati alla prudenza, se non alla difesa aperta di Bergoglio, come ha fatto l’ex premio Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel, anch’egli argentino.
Alle accuse di alcune organizzazioni per i diritti umani, si sono contrapposte testimonianze di chi ha visto l’ex arcivescovo darsi da fare per nascondere gli oppositori alla dittatura.
Di certo, Francesco I ha una posizione molto diversa da quella espressa ieri da Maduro a proposito del diritto all’identità , nello specifico quella degli omosessuali: «Se fossi gay lo rivendicherei con orgoglio», ha detto pubblicamente il presidente ad interim, rigettando ogni forma di razzismo e discriminazione. A questo riguardo, il nuovo papa ha invece vivacemente polemizzato con la presidente argentina Cristina Kirchner. Quando in Argentina è arrivato l’habemus papam, era in corso un omaggio delle istituzioni parlamentari al presidente Chà¡vez: che non si è interrotto per celebrare la niniuova nomina.
Di tenore diverso, le dichiarazioni degli altri stati progressisti dell’America latina: il più repentino è stato il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, a cui sono seguiti i messaggi dell’Uruguay dell’ex tupamaro laico Pepe Mujica, quelli del Nicaragua e di Raul Castro da Cuba. Si è unito anche il Brasile, pur deluso dalla mancata elezione di Odilo Scherer, sessantatreenne arcivescovo di Sao Paulo, altro favorito. Tutti hanno preferito sottolineare i punti in attivo per l’America latina – il continente che ospita il maggior numero di cattolici – simbolizzati da questa elezione.
Secondo Numa Molina, parroco di San Francisco a Caracas, questa elezione indica che si va «verso una chiesa nuova»: perché la novità del gesuita che viveva poveramente come San Francesco può costituire «una porta aperta» verso la lotta all’esclusione: anche se i tratti conservatori di Francesco I la intenderanno in modo diverso da quanto hanno fatto e stanno facendo i Teologi della Liberazione.
In Venezuela (dove oltre il 90% dei 29 milioni e 278.000 abitanti è cattolico), anche le dimissioni di papa Ratzinger, il 28 febbraio, sono state materia di polemica politica, subito ricondotte alla richiesta di dimissioni di Chà¡vez malato di tumore. Il cardinale Jorge Urosa Savino, punta di lancia dell’opposizione e unico venezuelano sui 117 cardinali elettori presenti al Conclave, non si era lasciato sfuggire l’occasione. Esprimendo il desiderio che il nuovo papa fosse latinoamericano, aveva indicato l’ex arcivescovo di Caracas, rivolgendogli parole di elogio. Il gesuita Molina, vicino al chavismo, aveva allora ribattuto esprimendo il suo auspicio per l’elezione di un papa «vicino al popolo e lontano dai palazzi».
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