Quelle stragi di squali ed elefanti È l’uomo il predatore più temibile

by Sergio Segio | 4 Marzo 2013 9:09

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Z uppa con pinne di squali, farmaci fasulli a base di corna di rinoceronte, olio di tigre, monili di avorio. Sono usi che evocano consuetudini antiche. Ma in realtà  non sempre è così. Basta leggere il programma e i documenti di presentazione della XVI Conferenza Mondiale della Cites, che s’è ufficialmente aperta ieri a Bangkok e i cui lavori inizieranno oggi per protrarsi fino al 14 marzo.
La Cites è la convenzione sul commercio internazionale di specie animali e vegetali in via di estinzione, che fa parte delle attività  dell’Onu per l’ambiente. Significativo è il fatto che questa conferenza si tenga proprio in una nazione che finora non ha proibito il commercio dell’avorio. Ma un risultato concreto è giunto subito, all’apertura dei lavori: il primo ministro thailandese Yingluck Shinawatra, importante donna d’affari oltre che politica, ha annunciato l’impegno a porre fine a quel commercio nel suo Paese. Un annuncio storico, commentano gli esponenti del Wwf che avevano lanciato la petizione firmata da un milione e mezzo di cittadini di tutto il mondo. Anche perché, in Thailandia, di elefanti ne sono rimasti solo 2.500.
Una partenza dei lavori della conferenza dunque positiva, che fa sperare sulla volontà  e sul senso di responsabilità  di tutte le nazioni presenti. Perché si tratta, oltre tutto, di un commercio odioso: per i tanti Paesi che lo praticano, per il numero di specie coinvolte, per le modalità  atroci del prelievo, per la rete di criminalità  che lo sostiene. Un traffico illegale che ha un valore, secondo le ultime stime del Wwf, di almeno 19 miliardi di dollari. Sul sito Cites si possono consultare dati e stime sia per quanto riguarda i gruppi di specie animali e vegetali oggetto di commercio, che per quanto riguarda i singoli Paesi coinvolti, Italia compresa. E sempre si tratta di dati sconvolgenti, come i 25 mila elefanti uccisi nel 2011 per mutilarli delle loro zanne, mentre per privarli del loro corno in Sudafrica sono stati abbattuti quasi 700 rinoceronti. Per non parlare dei cento milioni di squali uccisi ogni anno per utilizzarne le pinne considerate in Asia una prelibatezza. E tante altre specie, come cavallucci e stelle marine, che vengono vendute disseccate, e altre ancora destinate a entrare nelle case per fare la parte degli animali da compagnia o arricchire di specie rare zoo sia pubblici che, soprattutto, privati.
Gravissime sono sempre, comunque, le ricadute sugli equilibri naturali. Va da sé che tra le specie animali, ad esempio, le più colpite sono spesso predatori, ambite anche solo come simbolo di forza e potere. I predatori, è noto, sono fondamentali per la stabilità  delle reti alimentari. Nei sistemi naturali sono sempre relativamente pochi, hanno una biologia complessa ed esigenze ecologiche precise. In più sono specie già  in difficoltà  per diverse ragioni: perdita di habitat, mancanza di risorse, disturbo antropico. Non è pensabile che siano ancora oggi oggetto di interesse per riti fasulli e pratiche assimilabili a stregonerie. Eppure è così. In un bel libro pubblicato da Einaudi dal titolo «La tigre» si impara quale può essere il valore di questo felino ancora ai giorni nostri in terre della Russia più estrema, ai confini con la Cina. È infatti detto che la tigre viene normalmente chiamata Toyota, perché quello sarà  il guadagno del bracconiere che la saprà  abbattere per poi venderla oltre confine.
John Scanlon, segretario generale della Cites aprendo la conferenza ha voluto ammonire il folto pubblico presente che «Il commercio illegale di natura ha raggiunto un livello tale da rappresentare una minaccia mortale per uomini e animali». Un monito che ci ricorda che ormai il vero e più temibile predatore è l’uomo. Scanlon ha poi aggiunto che i «criminali organizzati per compiere questi traffici illegali sono ormai più numerosi e meglio armati di coloro che difendono le specie a rischio». Speriamo dunque che i Paesi riuniti a Bangkok siglino accordi utili a combattere questo fenomeno. Non dimentichiamo però che ognuno di noi può dare un contributo. Quando siamo in viaggio, ad esempio, adottiamo comportamenti consapevoli: non consumiamo cibi, compriamo conchiglie o monili se non abbiamo certezze che ciò sia lecito. Dietro all’attrazione per le usanze locali possono nascondersi crimini verso la natura che oggi non sono più accettabili.

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