by Sergio Segio | 19 Marzo 2013 10:38
Ora, anche senza governo, il Senato di Roma dovrà probabilmente votare su Cipro. Dovranno dire sì o no gli eletti di M5S, quelli di Sel e quelli del Pd vicini alla Cgil, e chissà quale maggioranza (semmai) si troverà . Perché qualunque siano le modifiche dei prossimi giorni, il piano per Nicosia presto arriverà anche a palazzo Madama per il semplice fatto che l’Italia è chiamata a contribuire con 750 milioni: un prestito che peraltro aumenterà il debito pubblico. Fra gli altri aspetti, quel pacchetto per ora contiene un prelievo forzoso dei conti correnti sui piccoli risparmiatori ciprioti, quelli che hanno fino a 100 mila euro: il colpo di forbice potrebbe essere del 3% in una delle ipotesi meno pesanti, del 6,75% in quella inizialmente uscita dall’Eurogruppo.
È la prima volta che un «salvataggio» europeo condiziona un prestito a una sforbiciata dei depositi bancari. Colpire i patrimoni sopra i 100 mila significa far pagare i debiti di Cipro a molti oligarchi russi, anche quelli dal passato poco chiaro che hanno nascosto lì i loro milioni. Ma scendere sotto la soglia dei 100 mila è violare un tabù: non solo quello di una direttiva europea, soprattutto l’idea che i piccoli risparmiatori e i loro conti correnti fossero comunque al sicuro in queste ricorrenti crisi di debito.
Nel caso di Cipro, dove le banche sono vicine al crac ma vantano attivi pari ad almeno sette volte il reddito lordo del Paese, non c’erano molte alternative. Se i governi europei avessero prestato tutto il denaro necessario al salvataggio, avrebbero sepolto Nicosia sotto altri debiti insostenibili. E se si fossero imposte perdite agli obbligazionisti della banche stesse, non si sarebbero raccolte risorse sufficienti. Non restava che colpire i depositi, pari ad almeno tre volte il Pil del Paese: da là verrà il 58% dei fondi necessari al piano.
A partire dal commissario agli Affari monetari Olli Rehn, tutti i responsabili europei ripetono che a Cipro sono state applicate misure uniche e irripetibili perché tale è la situazione del Paese. E a fine giornata il contagio è risultato ridotto, anche perché Cipro e gli altri Paesi in crisi continuano a beneficiare della (potenziale) rete della Banca centrale europea.
Ma anche nella sua «unicità », Cipro manda un segnale di cui i senatori italiani al voto sul salvataggio dovranno pur tenere conto. Non è solo il precedente specifico che potrebbe crearsi, al quale qualcuno crede: ieri a Handelsblatt il capoeconomista di Commerzbank Jà¶rg Krà¤mer auspicava una tassa una tantum sui depositi in Italia, «un prelievo del 15% sulle attività finanziarie che basterebbe a spingere il debito sotto il 100% del Pil». Ma questa è un’ipotesi alla quale quasi nessuno oggi crede.
Piuttosto, dopo il caso di Cipro, l’imposizione di perdite sui creditori è diventata ormai un passaggio ricorrente in molti programmi per i Paesi in crisi di debito. Stanche di offrire sempre nuovi prestiti al Sud Europa, Germania, Olanda e Finlandia ormai lo esigono. Ma soprattutto, le perdite a carico dei creditori appaiono una conseguenza prevedibile di debiti totali (pubblici e privati) che per certe economie in recessione superano il 400% del Pil. Non è un caso se gli ultimi mesi hanno segnato una sequenza di insolvenze più o meno parziali. Non c’è solo l’esempio della Grecia, dove il valore dei titoli di Stato ha già subito due sforbiciate e altre revisioni del debito al ribasso probabilmente seguiranno. In Irlanda, il governo di recente ha ristrutturato le «note» con cui si era fatto carico dei debiti della Anglo-Irish Bank per una somma pari al 19% del Pil: sono diventate titoli di Stato a scadenza lunghissima e interessi bassi. L’onda lunga dell’insolvenza lambisce poi anche la Spagna: gli obbligazionisti «subordinati» (meno garantiti) di Bankia, terzo istituto del Paese, hanno perso quasi tutto; per varie altre banche iberiche, i bond sono stati convertiti forzosamente in azioni dai prezzi stracciati. E in fondo persino l’Olanda ha scelto la terapia d’urto quando ha azzerato i bond subordinati di Sns, terza banca del Regno. Perché Cipro sarà anche un caso «unico». Ma quando voteranno sul suo destino, i nuovi senatori italiani avranno davanti a sé un nuovo atto di questa saga dell’euro che, forse, farà loro sembrar semplice il compito di formare un governo.
Federico Fubini
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