“Quegli agenti restino in cella non si sono ancora pentiti per la morte di Aldrovandi”

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BOLOGNA — Il giudice di sorveglianza bolognese Antonia Abiosi, con motivazioni durissime e destinate a surriscaldare di nuovo gli animi, ha negato la detenzione domiciliare a due dei tre poliziotti in carcere per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. «Non hanno ancora compreso la gravità  delle loro azioni. Non ci sono le condizioni per un percorso esterno positivo». Sono «servitori dello Stato» che hanno portato alle estreme conseguenze «l’uso dei mezzi di violenza personale contro un ragazzo, solo, disarmato e in stato di agitazione confusionale», con «la totale assenza di segnali atti ad indicare una presa di distanza critica» dall’accaduto.
Poche ore prima, un déjà  vu, l’ex ministro Pdl Carlo Giovanardi è invece tornato a contestare la sentenza di condanna, a caricare di colpe Federico e pure la madre, e a chiedere la riabilitazione dei colpevoli in divisa, definendo «legittima» la provocatoria manifestazione di piazza dei colleghi targati Coisp. «Aldrovandi — è l’ennesima uscita shock dell’esponente politico — non è morto per le botte, non è stato massacrato. Gli agenti sono vittime, come il ragazzo, e non vanno cacciati dalla polizia. La foto fatta vedere dalle madre è vera, ma la macchia rossa — insiste — non è sangue».
Per Patrizia Moretti la settimana si chiude così come si era dipanata, in una altalena di emozioni contrapposte, sale sulle ferite e il calore degli abbracci della gente e delle istituzioni. Relativa soddisfazione, da una parte. Rabbia e amarezza, dall’altra. «È giusto che restino in carcere, va bene così », dice a caldo dei due agenti che non usciranno prima di cella, diversamente dalla collega della squadretta. «Giovanardi — si sfoga poi su Facebook — non fa che insultarci da otto anni. È uno sciacallo che mente sapendo di mentire. Sostiene che il sangue di Federico non è vero. Lo querelo e tutti i danni li devolvo all’associazione Federico Aldrovandi. Spero che anche Ilaria Cucchi faccia lo stesso per le offese a Stefano».
«Questa vicenda — sono parole del provvedimento del giudice Abiosi, notificato in carcere ai due interessati, Paolo Forlani e Luca Pollastri — esige, almeno ora, una battuta di arresto per una matura e consapevole riflessione, onde evitare il rafforzamento di siffatta nefasta cultura e la ricaduta, alla prima occasione, in analoghe vicende delittuose, sia pure eventualmente anche solo di copertura di analoghi fatti criminosi commessi da altri, purtroppo, sebbene pur sempre isolati, neanche tanto rari». Fino a quando i poliziotti non daranno «segnali di distacco dalle pregresse dinamiche e logiche», la detenzione domiciliare non garantirebbe «un valido percorso di rieducazione e di recupero atto ad evitare in futuro la commissione di altri gravi delitti».


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