Ora Bersani chiederà  a Napolitano un mandato «pieno» da premier

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ROMA — È notte fonda, quando i vertici del Pd decidono la svolta. Pier Luigi Bersani capisce che per uscire dall’angolo sono necessari due nomi nuovi per Camera e Senato. «Ci vuole uno come Piero Grasso, ragazzi. Uno che può mettere in difficoltà  i grillini, che li può far riflettere. Uno a cui è difficile per loro dire di no». L’idea viene accettata subito dal gruppo dirigente.
«E ora ci vuole una donna per la Camera». L’immancabile rappresentante femminile, quella che serve per non farsi dire che i partiti, anche a sinistra, sono tutti maschilisti. Potrebbe essere Marianna Madia, propone qualcuno. Ma alla fine la scelta cade su Laura Boldrini. Vasco Errani la conosce bene. E anche Dario Franceschini che dovrà  cederle suo malgrado il posto. È stata eletta con Sel, ma va più che bene al Pd, che avrebbe dovuto candidarla ma, non avendo più posti sicuri nelle liste, ha lasciato che fosse il movimento di Vendola a candidarla. «Perfetto», mormora Bersani mentre morde il sigaro.
Il compito forse più difficile è quello di comunicare la notizia a Giorgio Napolitano. Ma tocca farlo. Dall’altro capo del filo, dopo aver sentito i nomi, il capo dello Stato fa una pausa. Silenzio, poi: «Ottima scelta». Bersani sa che il presidente della Repubblica avrebbe preferito una soluzione condivisa e gli spiega: «Concordo con i tuoi appelli, ma in queste condizioni l’unità  nazionale non è proprio possibile».
No, da quell’orecchio il segretario del Partito democratico non ci vuol sentire. Per lui ci sono solo due strade: o il governo da lui presieduto, o il voto. Possibilmente il 30 giugno e il primo luglio. Perché a ottobre è tardi. Si rischia di più.
In autunno le primarie saranno inevitabili: questa volta bisognerà  farle vere, allargate, e Matteo Renzi è pronto. Per quella data Bersani potrebbe non essere più in campo.
Ma nel Pd si è già  individuata la possibile avversaria del sindaco di Firenze, nel caso in cui Bersani si faccia da parte: Laura Boldrini. Sì, proprio lei: «Sarebbe un’ottima candidata e fossi in Renzi ne avrei paura», spiega ai suoi, Beppe Fioroni, assiso su un divanetto del Transatlantico.
Ma questo eventuale scenario riguarda il futuro, per adesso il segretario pensa di aver fatto «la mossa del cavallo». E intende chiedere nuovamente, e con maggior forza, il mandato a Napolitano. Forte del fatto che i grillini non si sono mostrati più una falange compatta e ostile al dialogo con il Pd.
Alla Camera, dove pure non hanno votato per Boldrini, l’hanno applaudita e poi incontrata. Al Senato il gruppo del Movimento 5 Stelle si è spaccato. Più di dieci parlamentari nel segreto dell’urna hanno votato Grasso. Insomma, secondo Bersani in quel fronte «qualcosa si potrebbe muovere»: «Cerchiamo di far nascere questo governo, e poi vedrete che va avanti». Anche perché Bersani potrebbe proporre altri nomi adatti per un confronto con i grillini. Potrebbe indicare Stefano Rodotà  per la presidenza della Repubblica, o inserirlo nel suo governo insieme ad altre personalità  che non dispiacciono a quel mondo. Si vocifera che anche Luigi Ciotti potrebbe dare una mano per aprire un canale di comunicazione tra Partito democratico e 5 Stelle.
Ma c’è chi ritene che in realtà  questa mossa di Bersani porti soltanto alle elezioni. «Due nomi degnissimi, però si sembra che siano due nomi da campagna elettorale», osserva Ermete Realacci. E Rosy Bindi confida a un amico: «Questa legislatura dura poco». Già , anche perché, per dirla con il veltroniano Andrea Martella, «i problemi restano tutti». Nel senso che questa soluzione per le presidenze delle due Camere non ha creato una maggioranza autosufficiente.
Inoltre quelli di Boldrini e Grasso sono due nomi difficili da usare per un governo istituzionale perché incontrerebbero il no del centrodestra: segno, secondo alcuni Democrat, che Bersani sta facendo di tutto per ridurre a due le possibili alternative: o un governo da lui guidato, o le elezioni il prima possibile.


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