by Sergio Segio | 24 Marzo 2013 8:55
ROMA — Se l’argomento di discussione non fosse la pena di morte, di per sé inquietante, si potrebbe dire che la giornata di ieri si è chiusa meglio di come era cominciata per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i marò accusati di aver ucciso i pescatori indiani Ajesh Binki e Valentine Jalestine scambiandoli per pirati. Per i fucilieri rimandati giovedì sera da Roma a New Delhi, dopo che in precedenza il governo italiano aveva deciso di non farli rientrare da un rimpatrio temporaneo, il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid ha confermato: il caso «non è di quelli che comporta in India l’applicazione della pena capitale».
Ieri mattina il ministro della Giustizia indiano Ashwani Kumar aveva negato che Khurshid potesse aver escluso in maniera fondata una pena capitale per i due militari italiani. «Come può il potere esecutivo fornire garanzie sulla sentenza di un tribunale?», è stata la domanda retorica con la quale il Guardasigilli ha risposto alla tv Ibn commentando affermazioni del collega. Da giovedì sera in poi, l’esclusione di condanne a morte per i marò da parte dell’India è stata presentata da fonti governative italiane come il buon risultato di un negoziato, la novità in base alla quale si era deciso di rinunciare a tenere Latorre e Girone in Italia a differenza di quanto annunciato l’11 marzo dal ministero degli Esteri diretto da Giulio Terzi. Per la verità , quella motivazione data alla giravolta sembra la veste esteriore di un ripensamento dettato da motivi diversi, a cominciare dai rischi che violando l’accordo sulla temporaneità del rimpatrio concesso dall’India ai marò avrebbero corso la libertà dell’ambasciatore a New Delhi Daniele Mancini e i rapporti con la terza economia dell’Asia. La linea ondivaga sta indirizzando sul governo tecnico, in piedi per gli affari correnti, malumori di personale pubblico e bordate di una politica in cerca di maggior credito. «Non possiamo consentire che l’Italia sia umiliata e ridicolizzata da chi, come Monti, raccontava di aver restituito credibilità al Paese», ha sostenuto Silvio Berlusconi a Roma definendo il suo successore alla presidenza del Consiglio «supino alla Germania e ora anche all’India». Sul versante opposto, Nichi Vendola ha dileggiato il «dilettantismo pirotecnico».
A New Delhi l’Alta Corte ha varato un’ordinanza per formare il tribunale ad hoc sulla morte dei pescatori. L’uomo che guida il governo in Kerala, lo Stato indiano dei due morti, Oommen Chandy ha chiesto invece un processo nel distretto di Kollam. Il sottosegretario Staffan de Mistura ha pregato i fotografi di rispettare «la privacy dei marò». Ma le frasi del giorno sono di Khurshid: sulla pena di morte «sono state date assicurazioni al governo italiano» e «non si deve avere alcuna preoccupazione».
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