L’onore della democrazia

by Sergio Segio | 13 Marzo 2013 8:35

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Spesso oggi il richiamo all’onore personale sembra un retaggio del passato, qualcosa che evoca immagini di damerini imparruccati che si sfidano a duello alle prime luci dell’alba o, peggio, di Achei sporchi di sangue che assaltano le mura di Troia. Il diritto penale italiano, del resto, riconosce ancora alcuni reati (diffamazione e oltraggio) il cui fulcro è ritenuto essere il danno privato arrecato all’onore della vittima. Di fatto, fino a un’epoca relativamente recente — per la precisione fino al 5 agosto 1981 — il codice penale italiano prevedeva che l’assassinio di una donna sposata colta in flagrante delicto
potesse essere punito con una sentenza più lieve, dai tre ai sette anni di carcere (a fronte della condanna per le altre tipologie di omicidio che è di minimo 21 anni), con l’attenuante di aver commesso il fatto in preda all’ira derivante dall’oltraggio all’onore proprio o della propria famiglia. Fino a quella stessa data, per l’articolo 544 del codice penale italiano, lo stupro di una donna nubile da parte di un celibe era considerato non perseguibile nell’eventualità  che la donna acconsentisse a sposare il proprio violentatore; il matrimonio in questo caso veniva definito riparatore, in quanto ristabiliva l’onore “perduto” della ragazza.
Anche quando il concetto di onore non si incarna nel diritto, resta comunque una presenza forte nella vita sociale. La vergogna dei “cornuti”, ovvero degli uomini traditi dalla moglie con un altro, è difficile da concepire come semplice violazione di un contratto, mera promessa infranta. E al giorno d’oggi anche la donna che viene tradita dal marito è guardata non solo con pietà  ma anche con un certo disprezzo. Ancora, molti di noi provano vergogna quando dei loro connazionali macchiano l’onore del proprio Paese con il loro comportamento e al contrario orgoglio quando altri vi danno lustro.
Passando in rassegna parte delle teorie e delle pratiche relative al concetto di onore, sono giunto a una concezione filosofica di tale ideale in grado di spiegare
cosa esso sia e come funzioni al di là  dello spazio e del tempo. Questa concezione trae spunto da una tesi che ho derivato dall’antropologo Frank Henderson Stewart: l’onore ruota fondamentalmente intorno al diritto al rispetto. Onorare una persona significa trattarla come degna di rispetto, comportarsi con lei come merita. Chi
si considera degno d’onore farà  mostra di autostima, porterà  a se stesso il dovuto rispetto. In cosa si sostanzi il rispetto dovuto, in che modo lo si dimostri e quali siano gli elementi che ci fanno guadagnare o perdere il diritto a essere rispettati, sono tutti parametri variabili da cultura a cultura. Ma la struttura fondamentale dell’onore — il diritto a essere rispettati che deriva dalle norme o convenzioni sociali, il cosiddetto codice d’onore — è a mio avviso una costante universale dell’essere uomini. Ecco perché è possibile parlare di onore praticamente in ogni contesto.
Rispetto e disprezzo nei confronti di una persona possono rappresentare entrambi la conseguenza di azioni compiute da altri, dal momento che il proprio onore è sempre il proprio onore di persona con una qualche identità  sociale. Si può ottenere onore da e per la propria famiglia, il proprio Paese, il proprio lavoro; ciò significa che chi condivide la nostra stessa identità  â€” parenti, concittadini, colleghi — può diventare meritevole di rispetto per qualcosa che noi abbiamo fatto.
L’onore può essere sia individuale che collettivo. L’onore civico assume entrambe le forme. La forma individuale è quella del rispetto che i cittadini di uno Stato devono a quelli di un’altra nazione. È regolato da codici sociali afferenti alla vita politica di un dato Paese: questo è l’elemento che lo rende civico. Esso svolge un ruolo cruciale nello spingere i cittadini a fare molte delle cose che risultano necessarie per il corretto funzionamento di una società , e in particolare di una società  democratica.
Il fulcro dell’onore civico individuale è assai semplice: si pensa che chi ha dato un contributo speciale alla vita civica sia degno di rispetto da parte dei propri connazionali. Tale rispetto viene dimostrato trattando quegli individui in base alla considerazione positiva che nutriamo nei loro confronti. Quando incontro al seggio la gente del mio stesso distretto elettorale, ci guardiamo reciprocamente con il rispetto di chi sa di star compiendo volontariamente un’azione importante tutti insieme. Ed eccovi un altro esempio, forse altrettanto americano: spesso, quando giro per gli aeroporti, mi capita di sentir dire a qualche membro delle forze armate statunitensi che viaggia in uniforme «grazie per il vostro servizio». In un Paese come il nostro che ha un esercito di volontari, siamo grati a chi si offre di arruolarsi. Tale espressione di gratitudine rende onore a quella scelta, vale a dire che recepisce fare il soldato o il marinaio o il marine o il pilota come degno del nostro rispetto. Normali casi di riconoscimento come quello che ho citato fanno parte dell’esperienza quotidiana dell’onore civico in una democrazia moderna, come ne fanno parte gli altrettanti momenti di vergogna civile. Rientrano nelle modalità  con cui l’onore individuale contribuisce a plasmare la nostra vita politica.
Ma nella vita civica conta anche moltissimo l’onore collettivo. Prendete questo semplicissimo esempio: negli anni Cinquanta, molti critici di sinistra del governo americano furono soggetti a persecuzioni. Uno dei miei eroi intellettuali, W. E. B. DuBois, fu indagato (alla fine però senza alcun esito) con l’accusa di essere un agente segreto straniero. In questo frangente difficile della sua vita una fonte di consolazione importantissima fu per lui il sostegno ricevuto da uomini e donne — gente comune ma anche, come nel caso di Albert Einstein, gente che poi così comune non era — sia negli Stati Uniti che altrove. Nel suo racconto del processo,
In Battle for Peace (In lotta per la pace) DuBois cita lettere di solidarietà  speditegli dalla Cina e dalla Russia, da Israele e dalla Nuova Zelanda, dalla Germania e dal Nordafrica francese. Questa sensazione che il mondo intero stesse a guardare ebbe un impatto fondamentale per l’evoluzione delle politiche statunitensi in materia di diritti civili e giustizia razziale, in parte perché il razzismo americano rappresentava un danno troppo grave per la reputazione del Paese nella battaglia ideologica contro l’Unione Sovietica e il blocco comunista. L’onore nazionale americano ebbe un ruolo fondamentale nel porre fine ad alcuni dei più deplorevoli eccessi del razzismo.
Allo stesso modo, le campagne per la libertà  d’espressione e di associazione condotte dal Pen Center Indipendente cinese (Icpc) negli ultimi anni sono state supportate dalle attività  di una fitta rete di Pen Center in tutto il mondo, che hanno avuto un ruolo attivo, tra le altre cose, nella candidatura di Liu Xiaobo, uno degli ex presidenti dell’Icpc, al Nobel per la Pace. Il perdurare della prigionia di Liu danneggia la reputazione della Cina agli occhi dei molti che in tutto il mondo guardano con grande rispetto alla cultura di quel Paese. Finché lui rimane in carcere, possiamo sperare che il fatto di avere gli occhi del mondo puntati addosso sia il motivo per cui sempre più suoi colleghi attivisti dell’Icpc, molti dei quali hanno ricevuto l’invito a prendere un tè con le autorità , sono ancora in libertà . I cinesi — compresi gli esponenti del governo — ci tengono a meritare il rispetto del resto del genere umano. Hanno a cuore l’onore del loro Paese.

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