«Non daremo la fiducia neanche se fermate la Tav»
Così il senatore di Sel, considerato uno dei suggeritori del nome di Laura Boldrini per la presidenza della Camera, ha optato per l’approccio amicale nei confronti dei parlamentari di M5S. Confidenziale, ma non impegnativo, e già ampiamente collaudato a suo tempo da Giulio Andreotti. «Sono qui per provare a passare su ponti che ci sono. Bisogna provare ad attraversarli insieme».
Il messaggio di Airaudo, ex numero due della Fiom, cresciuto a pane e trattative, non ha bisogno dei sottotitoli. «Penso che Bersani faccia bene a provarci, e che gli amici grillini abbiano un eccesso di diffidenza. M5S sottovaluta il cambiamento in corso nel Pd. Dovrebbero fidarsi. Proviamoci, tutti insieme. La valle di Susa è un laboratorio». Più chiaro di così.
La visita mattutina dei 61 parlamentari di M5S al cantiere, vezzeggiati, inseguiti, studiati, ha fagocitato una manifestazione pomeridiana, da ventimila persone a stare bassi. Eppure la prima era poco più di una curiosità . La seconda era una tappa importante per il movimento contro la Torino-Lione, chiamato a battere un colpo nel momento più difficile di una lotta decennale, perché le urne si saranno anche riempite, ma le piazze, in valle e non solo, cominciavano a essere vuote.
La ricomparsa ufficiale della Tav sull’agenda politica sembra invece sia dovuta a questa visita che si è svolta in una atmosfera da gita scolastica, con qualche virata nel surreale, simbolizzata dal rilevatore di Radon agitato dal professor Massimo Zucchetti, assistente all’uopo dei parlamentari Cinque Stelle.
Quel che conta davvero, anche davanti al tunnel della discordia, fotografato, misurato nella sua lunghezza con metri da sarto, è la politica. Il contrasto tra la reazione, rigida e pura, degli onorevoli di Grillo davanti a quello che per loro è un totem, e l’arte antica del tutto è possibile, negoziabile. Tra i tanti, Stefano Vignaroli, romano di Malagrotta, casa nei pressi dell’omonima e contestata discarica: «Questo è il simbolo più eclatante delle istituzioni che abbandonano i loro cittadini». Oppure Paola Carinelli, milanese, che si guarda intorno spaesata: «Il no alla Tav è la nostra lotta principale. Non si può mercanteggiare». Gli onori di casa toccano a Marco Scibona, militante di valle e ora parlamentare. Sì alla commissione d’inchiesta, no a Bersani, certezza assoluta «che l’opera si bloccherà », a pensarci bene una cosa diversa dalla cancellazione.
Qualche chilometro più a valle, in campo neutro, ovvero a un convegno che la Comunità montana ha organizzato come un vestito su misura per lei, la senatrice pd Laura Puppato lo dice in tutti i modi, che la Tav non è un’opera prioritaria, che è uno spreco inutile come lo stretto di Messina, che pure la Francia ha dei dubbi. In videoconferenza, Michele Emiliano aggiunge un carico da undici parlando della Tav come di «un errore politico», di un «modello di sviluppo basato sull’imposizione» e insomma, manca poco che si cosparga il capo di cenere.
Nel raggio di qualche chilometro l’unico politico favorevole all’alta velocità è il senatore Stefano Esposito, molto odiato dai No Tav, che nel farsi vedere da prova di un certo coraggio. Alla fine è una delle sue provocazioni a dare la misura della distanza tra le logiche della politica ufficiale e il ragionare di pancia dei militanti M5S. «Io l’accordo lo faccio subito: noi del Pd togliamo la Tav e voi votate la fiducia a Bersani» è il suo guanto di sfida a Ivan Della Valle, parlamentare di Rivoli. «Mai, non lo faremo mai, con quelli come voi non ci staremo mai» ribatte l’altro, che lo guarda con odio. «Allora lo vedete che siete inaffidabili» è la replica.
Queste prove generali di incomunicabilità hanno molto a che fare con le sorti di un possibile governo che dovrebbe chiudere la paralisi istituzionale. E così tutto il resto sembra un orpello, anche un corteo bello e affollato come non si vedeva da tempo, che si snoda per nove chilometri sotto una pioggia inclemente. Alberto Perino, volto noto dei No Tav, fiuta il possibile rischio delle Cinque Stelle che oscurano la protesta di valle. Ma hai voglia a dire dal palco di Bussoleno che «le battaglie si vincono con le manifestazioni». C’erano almeno ventimila persone. Non se n’è accorto nessuno, o quasi.
Marco Imarisio
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