by Sergio Segio | 29 Marzo 2013 7:41
MILANO — La recessione non accenna a dare tregua all’Italia e all’Europa. Secondo le stime diffuse ieri dall’Ocse il Pil del nostro Paese è previsto in calo dell’1,6% nel primo trimestre di quest’anno e dell’1% nel secondo, il dato peggiore del G7. Anche per il Vecchio Continente la ripresa tarderà ad arrivare mentre gli Stati Uniti mostrano già una «moderata crescita», scrivono gli esperti dell’Ocse nel «Rapporto economico interinale». Crescita che sta spingendo la Borsa americana: ieri l’indice S&P500 di Wall Street ha toccato un nuovo record storico, dopo la correzione delle stime di Pil al rialzo (da 0,1 a 0,4%) nel quarto trimestre 2012. Martedì il Dow Jones aveva già aggiornato il massimo storico.
Da quest’altra parte, invece, la luce in fondo al tunnel non si vede. E il protrarsi dell’incertezza politica certo non aiuta. Lo spread tra Btp e Bund ieri è tornato a salire toccando i 360 punti, il massimo da settembre dell’anno scorso, per poi chiudere a quota 347. Ha influito anche l’attesa per un possibile downgrade da parte di Moody’s.
Tornando alla fotografia scattata dall’Ocse, insieme a molte ombre si inizia vedere anche qualche colore, tenue ma incoraggiante. Le riforme varate dal governo «forniscono una solida base per un recupero di competitività e per un aumento dell’occupazione una volta tornata a salire la domanda» ha spiegato Pier Carlo Padoan, capo-economista e vice-segretario generale dell’Ocse, per il quale inoltre «il debito è sotto controllo e il mercato continua ad avere fiducia, come mostrano le aste di questi giorni». Tuttavia «il quadro che emerge spinge a dire che serve un’azione di politica economica che riprenda il cammino» ha proseguito l’economista, con la raccomandazione di «non inseguire i valori nominali del deficit con nuove manovre», ma di insistere sui target strutturali, gli unici che contino veramente.
Quanto alla situazione attuale Padoan non ha potuto che ribadire come per l’Italia «si conferma una crescita generalmente negativa quest’anno, ma si tratta di una recessione che si sta avviando alla fine». Anche se rispetto al resto d’Europa all’uscita ci arriveremo in ritardo. La Germania, dopo il -2,3% dell’ultimo trimestre 2012, dovrebbe infatti rimbalzare del 2,3% nel primo trimestre e accelerare al 2,6% nel secondo mentre per la Francia è atteso un calo del Pil dello 0,6% tra gennaio e marzo e poi una crescita dello 0,5% nel secondo trimestre. «All’interno dell’area dell’euro — scrive l’Ocse — c’è una rinnovata divergenza tra la crescita in Germania, che potrebbe superare di molto nei primi due trimestri del 2013 quella di altri Paesi, che rimarranno invece intrappolati in una crescita lenta o negativa».
La prova che l’uscita dalla crisi non è ancora a portata di mano è arrivata dal Centro Studi Confindustria che a marzo ha registrato un calo della produzione industriale dello 0,3% su base mensile e del 3,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La previsione si fonda sull’indagine Istat presso le imprese manifatturiere, che segnala in marzo un peggioramento dei giudizi sugli ordinativi da cui emerge che «l’attuale fase di estrema debolezza dell’attività industriale proseguirà anche nel secondo trimestre 2013».
Il presidente dell’Istituto di statistica, Enrico Giovannini, ieri in audizione al Parlamento sulla nota di aggiornamento del Def, ha denunciato un «rischio crescente per la tenuta del sistema produttivo italiano». Ma soprattutto ha confermato la visione dell’Ocse sulla nostra economia, pur riconoscendo che le stime del governo sulla crescita 2013 (-1,3%) «appaiono decisamente più realistiche» sebbene permangano «elementi di incertezza esistenti, con riferimento sia allo scenario politico sia a quello economico». E quindi per il presidente dell’Istat «il risultato annuale in termini di contrazione del Pil potrebbe essere ulteriormente peggiore di quanto attualmente previsto» dalle stime su cui il governo ha costruito il Def. Banca d’Italia concorda: secondo il direttore centrale per la ricerca economica e le relazioni internazionali, Daniele Franco, la crescita prevista per il 2014 sarebbe sovrastimata «per oltre mezzo punto percentuale».
Federico De Rosa
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