«Giudici parziali». Ecco il dossier del Cavaliere

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MILANO — La giudice del processo d’Appello sui diritti tv Mediaset, Alessandra Galli? I «tragici fatti di vita personali», cioè l’essere figlia del magistrato Guido, ucciso nel 1980 da Prima Linea, «certamente inficiano la serenità  di giudizio» di chi «ha pesantemente criticato l’operato del governo Berlusconi» (per aver detto nel 2010 al ministro Alfano, nel «Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo» al Quirinale, «non riesco ad accettare la costante denigrazione del lavoro di mio padre e ora mio»). Il pm del processo Ruby, Ilda Boccassini? In conflitto di interessi perché «ha ragioni economiche in conflitto con società  controllate da Berlusconi» (cioè ha tante cause per diffamazione contro i suoi giornali). Il procuratore generale e il presidente della Corte d’Appello, Manlio Minale e Giovanni Canzio? Uno «chiedendo senza precedenti» e l’altro «incredibilmente esercitando» l’azione disciplinare contro la giudice Francesca Vitale, che nel motivare la prescrizione di Berlusconi nel processo Mills espresse critiche al precedente Tribunale e al pm De Pasquale, sarebbero «la prova dell’aggressività  dell’ambiente giudiziario milanese che non sopporta chi assuma provvedimenti non sfavorevoli a Berlusconi». I 3 milioni al mese riconosciuti a Veronica Lario nella separazione da Berlusconi? «Lo si è condannato a una cifra senza precedenti e addirittura superiore ai suoi guadagni». I 565 milioni da risarcire a De Benedetti per la corruzione Fininvest del giudice del lodo Mondadori? «Abnorme somma superiore al valore di Borsa della Mondadori». D’Avossa e Magi, giudici di due processi di primo grado conclusi ora con condanne di Berlusconi? «Nel 1997 lo avevano già  condannato con sentenza poi riformata».
C’è tutta la visione del mondo giudiziario di Berlusconi nelle 39 pagine con le quali ieri il capo del Pdl ed ex presidente del Consiglio utilizza una legge fatta nel 2002 dalla sua maggioranza per chiedere alla Cassazione la «rimessione» (cioè il trasferimento da Milano a Brescia) dei processi per motivi che minerebbero l’imparzialità  dei giudici o la serenità  delle parti.
È il replay di quanto nel 2003 Berlusconi provò a fare nel processo Sme/Ariosto senza successo, perché la Cassazione (tanto lodata in questi giorni da Berlusconi) bocciò la richiesta. E anche la più generale statistica, che di recente ha negato trasferimenti nei supermediatici processi sul delitto di Sarah Scazzi o sul terremoto dell’Aquila, assottiglia non poco le chance.
Ma non è l’esito che interessa al Cavaliere, bensì l’effetto di stop sui suoi processi a un passo dal concludersi, e cioè l’Appello sui diritti tv Mediaset (oggi penultima udienza e sabato 23 marzo sentenza di riforma o conferma dei 4 anni per frode fiscale in primo grado) e Ruby, dove lunedì dovrebbe terminare la requisitoria e il 25 marzo arrivare la sentenza. Se infatti per ora per i giudici è facoltativo sospendere i processi, lo stop a sentenze e requisitorie diventerebbe obbligatorio nel momento in cui la Cassazione dichiarasse ammissibile l’istanza e ne fissasse la discussione: in questo caso passerebbe almeno un mese, e si andrebbe a dopo quella metà  aprile (elezioni del nuovo capo dello Stato) abbozzata anche dal presidente Napolitano nel suo controverso messaggio all’indomani dell’«invasione» del Tribunale lunedì da parte di 100 parlamentari pdl capitanati da Alfano.
Curiosamente Berlusconi non indica questa «manifestazione senza precedenti» (così definita da Napolitano) tra i motivi di non serenità  della sede giudiziaria milanese, mentre inserisce «manifestazioni di piazza di movimenti civili ed aree politiche opposte a quelle di Berlusconi», riferimento al sit-in di Libertà  e giustizia spostato ieri dal Tribunale a piazza Fontana.
Berlusconi lamenta poi il rigetto di legittimi impedimenti per malattia dopo visite fiscali, la non sospensione totale in campagna elettorale, e ravvicinate udienze «in assoluto contrasto con gli auspici, recentemente rivolti dalle alte cariche dello Stato, di consentire all’on. Berlusconi di poter svolgere, pur nel rispetto di ragionevoli tempi processuali, anche la propria attività  politica».
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella


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