Le vaghe promesse di Hollande e intanto le centrali invecchiano

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Ma per il momento c’è solo l’impegno di chiudere la più vecchia centrale del paese, Fessenheim, per il 2017, quando l’impianto compirà  40 anni. La Francia, come altri paesi che utilizzano energia nucleare, a causa della crisi non è ancora intervenuto contro la pratica di allungare «artificiosamente» la vita delle centrali, anche a scapito della sicurezza. Molto preoccupata appare invece l’opinione pubblica; secondo un sondaggio realizzato in occasione dei due anni di Fukushima, il 42% dei francesi dimostra «inquieto» riguardo all’utilizzo del nucleare. Sabato a Parigi, migliaia di persone (20mila per gli organizzatori della rete Sortir du nucléaire, 4mila per la polizia) hanno organizzato una lunga «catena umana», di 25 chilometri, che ha toccato tutti i luoghi simbli del potere, dai ministeri al parlamento. Un gruppo austriaco (Global 2000) ha proposto una raccolta di firme, almeno un milione, per chiedere un referendum europeo sul nucleare. La Francia mostra preoccupazioneui costi di un eventuale incidente. Uno studio dell’Irsn (Istituto di radioprotezione e di sicurezza nucleare) ha valutato a 430 miliardi di euro il «costo medio» di un default, tipo quello di Fukushima. Ma se si allarga la base del calcolo, le cifre aumentano vertiginosamente: da 760 miliardi di un ipotetico «caso» Chernobyl (effetti aggravati dalla direzione dei venti), fino a 5800 miliardi, cioè l’equivalente di tre anni di prodotto interno lordo francese, se si aggiungono i costi sociali, i morti, le evacuazioni, i rimborsi, la decontaminazione dei suoli, le spese sanitarie, le ricadute negative sull’economia, dal turismo all’agricoltura. In altri termini, la scelta nucleare, fatta dalla Francia per rincorrere il mito dell’indipendenza energetica, potrebbe rovinare il paese. Sono al di là  dell’immaginazione le conseguenze che potrebbe avere un incidente nucleare grave in una centrale non lontana da Parigi. Nel rapporto dell’Irsn è studiato il caso ipotetico di un incidente nella centrale di Dampierre, a sud di Parigi, che potrebbe inquinare al Cesio 137 87mila km2 dove abitano 90 milioni di persone. Lo scopo dello studio è di spingere le autorità  ad investire nella sicurezza, cosa non scontata in tempi di grave crisi. I rischi del nucleare non riguardano solo le conseguenze tragiche di un eventuale incidente. Anche il trasporto delle scorie è a rischio. Ieri, importanti forze di polizia erano presenti in Val di Susa, lungo il percorso del treno che doveva trasportare delle scorie nucleari da Vercelli (dove erano arrivate da Salluggia la notte precedente) verso il centro di riciclaggio de La Hague, sulla Manica.


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