by Sergio Segio | 4 Marzo 2013 8:57
I nostri salari sono inferiori di oltre il 14% a quelli tedeschi, del 13% a quelli del Regno Unito e dell’11% a quelli francesi. Sono inferiori anche alla media dell’Eurozona, 15,22 euro, battono solo la media Ue27 (14,02 euro), che però tiene conto anche di Paesi con salari bassissimi come Bulgaria (2,04 euro l’ora), ultima in classifica, Romania (2,67), Lettonia (3,78) e Lituania (3,44).
I dati Istat riguardano le imprese e le istituzioni con almeno 10 dipendenti nell’industria e nei servizi, e non tengono conto dei contratti di apprendistato. Le rilevazioni sono state effettuate nell’ottobre 2010, ma è difficile pensare che le cose nel frattempo siano cambiate in meglio per il nostro Paese, tanto che il 51,1% degli italiani dichiara, secondo l’ultimo rapporto Eurispes, di percepire retribuzioni “per niente” o “poco” soddisfacenti, contro un carico di lavoro eccessivo per il 32,2% degli intervistati. A pesare sull’insoddisfazione della maggioranza dei lavoratori italiani ci sono anche probabilmente le forti disparità di trattamento. I dipendenti con almeno 15 anni di anzianità aziendale percepiscono una retribuzione annua superiore del 61,4% rispetto ai loro colleghi assunti da meno di cinque anni. Considerando le varie fasce di età , le differenze sono anche maggiori: la retribuzione lorda oraria media è di 9,6 euro nella fascia d’età 14-19 anni, sale a 11,2 euro da 20 a 29 anni e fino a 23,5 euro per gli ultrasessantenni. Sarà per quello che, conferma l’ultima edizione dell’Osservatorio sul Diversity management della Sda Bocconi, «l’azienda non sembra essere tanto il luogo della guerra tra i sessi, quanto quello della guerra tra le generazioni». Però anche le differenze tra i sessi permangono, anzi aumentano: il gender pay gap passa in Italia dal 4,4% del 2006 al 5,3% del 2010 rispetto alla retribuzione oraria, mentre nella Ue27 si riduce dal 17,7 al 16,2%. Eppure le donne sono più qualificate degli uomini: il 51,1% ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore contro il 43,4% degli uomini, il 18,4% ha una laurea o un titolo post-laurea contro il 10,9% degli uomini.
Il titolo di studio sembra far poco la differenza per le donne, ma in genere pesa molto sulla retribuzione: rispetto a una media lorda annua di 28.558 euro
(31.394 per gli uomini, 24.828 per le donne) i laureati guadagnano in media 42.822 euro l’anno contro i 19.296 di chi è in possesso solo della licenza della scuola dell’obbligo. Fa la differenza anche il tipo di contratto: i dipendenti a tempo indeterminato guadagnano in media 29.852 euro lordi l’anno, quasi il doppio rispetto a quelli a termine (15.633). I dirigenti guadagnano quattro volte quanto percepito dai lavoratori non specializzati (81.649 contro 18.290 euro); naturalmente si parla di una media perché le donne dirigenti guadagnano 61.361 euro l’anno, gli uomini 88.942.
Il Nord-Ovest è l’area dove si guadagna di più: le retribuzioni superano del 6% la media annua nazionale, ma anche il Centro la supera dello 0,8%. Mentre fa fatica il Nord-Est (—2,3% rispetto alla media nazionale), e naturalmente si guadagna molto di meno nelle Isole (—4,4%) e in generale nel Mezzogiorno (—8,5%).
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