La vie en rose della legislatura

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La prima è se Grillo pensa solo a incrementare i suoi voti per le prossime elezioni oppure se già  ora vuole usare la sua forza per il governo e il cambiamento. La seconda è se Bersani e Grillo manterranno la loro diagnosi di un disastro imminente e distruttivo per il paese, a meno che non si facciano cose grandi, inconsuete alla politica, e mutamenti radicali, oppure se l’uno si farà  risucchiare nel già  visto delle triangolazioni tra i palazzi e l’altro si farà  dominare dal mito del «tutti a casa» o, come si diceva una volta, del «tanto peggio tanto meglio».
Quanto alla prima domanda, certamente Grillo può scegliere, come potrebbe fare qualsiasi partito tradizionale, di pensare soprattutto ai suoi voti di oggi e di domani. Ma se lo facesse precipiterebbe nella malattia contro cui ha combattuto e in quel politicismo contro cui ha chiesto e ottenuto quei voti. Tenere in cassaforte il suo patrimonio pubblico (il voto dei suoi elettori) per lucrarci alle prossime elezioni sarebbe fare come Berlusconi, che ha scelto il momento più opportuno in cui giocare un patrimonio pubblico di quattro miliardi di domani per ottenere il massimo successo elettorale oggi.
A Berlusconi questa manovra non è riuscita perché le elezioni le ha perse lo stesso, lasciando sul terreno sei milioni di voti. Una sola cosa gli è rimasta allora per sopravvivere: il ricatto della governabilità , con cui può tenere in scacco Bersani e Napolitano, per assicurarsi nel parlamento e nel paese nuovo potere e nuova impunità .
Grillo ha la chiave per far fallire questo ricatto. Può non usarla, ma allora il suo movimento sarebbe protagonista di una spaventosa eterogenesi dei fini. E non è affatto detto che alle successive elezioni, costruite su queste macerie, esso aumenterebbe i consensi fino a far saltare il banco. Potrebbe accadere l’inverso e il moVimento, nato impetuosamente sull’onda di un’emozione e un’indignazione popolare, potrebbe rapidamente arenarsi. Per l’Italia sarebbe un’occasione sprecata, una paglia bruciata per un solo inverno.
Alla seconda domanda si deve rispondere che Bersani e Grillo non solo sono vincolati dal mandato popolare a tenere alta la coscienza della crisi, ma che a questo compito di fare non il possibile ma il giusto, non il piacevole ma il necessario, è legata la sopravvivenza stessa della loro idea e della loro istituzione politica.
L’irruzione del moVimento 5 stelle ha senza dubbio posto al sistema l’esigenza di un nuovo pensiero politico e di un nuovo modo di fare politica. Era da tempo che veniva chiesto, ma c’è voluto il forcipe per imporlo. Ora però bisogna che il bambino nasca. La novità  non consiste nel fatto qualunquistico che non ci sia né destra né sinistra, ma nel fatto che nessuno pensi più alla politica come il luogo dell’affermazione di sé, ma come strumento per il bene di tutti. Per la sinistra questo non vuol dire avere la maggioranza, che è molto difficile ottenere in un paese educato e informato come un paese di destra. Per la sinistra questo vuol dire egemonia: cioè pensare le cose giuste, persuadere i cittadini e mobilitarli per realizzarle. Ciò che di buono la sinistra ha fatto in Italia dalla Costituente in poi, l’ha fatto così. Quando la sinistra si organizza solo «per tornare in parlamento», solo per dire che c’è, perde, e soprattutto non serve, neanche a se stessa. Bersani, motivato dalla sofferenza del paese, è in grado oggi di esercitare questa egemonia. I «grillini» potrebbero concorrervi, con i loro programmi, le loro motivazioni e i loro sogni.
Se poi questo non fosse possibile, allora in parlamento c’è una risorsa che come tale non è mai stata chiamata in causa: le donne, proprio come donne, il «principio femminile», la coscienza e la differenza femminile, su cui per tanti anni ha lavorato il movimento femminista. Se gli uomini hanno fatto un pasticcio, con la legge elettorale e tutto il resto, siano le donne a portarci fuori dal guado, a salvare la Repubblica. Non quote rosa, ma partecipi di un nuovo patto, un «new deal» di una società  adulta che sta cercando una strada. Allora si potrebbe fare un governo che sia espressione del centrosinistra, primo alle elezioni, e delle donne di tutti i partiti. Non si era detto che tutto doveva essere nuovo? Questo è nuovo; ma c’è tutta una cultura dietro. Forse non funziona, forse sarà  oggetto di ironie, ma intanto si provi, poi si vedrà .


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