La tregua tra il PKK e la Turchia

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Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), ha annunciato oggi una storica tregua con il governo turco. L’annuncio è stato fatto attraverso un messaggio letto da due deputati curdi, visto che Ocalan si trova in carcere. L’accordo potrebbe mettere fine al conflitto tra Turchia e curdi che dura da 29 anni e che ha causato la morte di circa 40.000 persone. L’annuncio è stato letto sia in turco che in curdo davanti a 200mila persone a Diyarbakir, una città  della Turchia sud-orientale, durante le celebrazioni del Nowruz, il capodanno persiano, che si festeggia in questi giorni in Turchia, Asia Centrale, Iraq, Iran e Azerbaigian.

«Una nuova era inizia oggi, la porta si apre per passare dalla lotta armata alla lotta democratica», è stato uno dei passaggi più significativi del messaggio di Ocalan, che dal 1999 è detenuto nel carcere dell’isola di Imrali, nel mar di Marmara, condannato all’ergastolo per alto tradimento. L’annuncio, che stabilisce di fatto l’interruzione della lotta armata e il ritiro dei combattenti del PKK dalla Turchia, era stato anticipato nei giorni scorsi da un messaggio affidato da Ocalan a una delegazione del partito curdo Pace e Democrazia.

Breve storia della guerra Turchia e curdi
Il conflitto tra lo stato turco e la minoranza curda parte da molto lontano: nel 1923 il Trattato di Losanna stabilì i confini della Turchia – che aveva dichiarato l’indipendenza dall’impero ottomano – e divise la comunità  curda in diversi paesi (principalmente nei territori odierni di Iran, Iraq, Turchia e Siria). Il PKK nacque nel 1978 per chiedere l’indipendenza dalla Turchia, su iniziativa di Ocalan, e iniziò la lotta armata nel 1984. Tre anni dopo la Turchia dichiarò lo stato di emergenza per 11 province nel paese, cercando di frenare gli attacchi violenti del PKK concentrati soprattutto nelle regioni sud-orientali.

Un avvenimento molto importante per la storia dei curdi nella regione fu la prima guerra del Golfo, che iniziò con l’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein in Kuwait (agosto 1990), e che terminò con un intervento internazionale che costrinse gli iracheni a ritirarsi (1991). Quella guerra aprì la strada a una maggiore autonomia per i curdi iracheni, che ancora oggi sono concentrati nel nord del paese. Da quel momento i problemi per il governo turco diventarono ancora più grandi, visto che dal confine settentrionale dell’Iraq iniziarono a partire diversi attacchi e incursioni di combattenti curdi nelle regioni turche sud-orientali.

Con l’arresto di Ocalan nel 1999 il PKK cominciò a ridimensionare le sue richieste di indipendenza, e iniziò a chiedere solo maggiore autonomia. Nel 2009 il governo turco, guidato dall’attuale primo ministro Recep Tayyip Erdogan, annunciò l’”iniziativa curda”, un pacchetto di provvedimenti che prevedeva un aumento dei diritti della minoranza curda, tra cui il lancio di un canale in lingua curda sulla televisione di stato.

I colloqui di pace tra servizi segreti turchi e Ocalan
Dell’esistenza di alcuni colloqui di pace tra i servizi segreti turchi e alcuni leader del PKK si seppe nel 2011, quando un’agenzia di notizie turca diffuse la registrazione audio del fallimento degli stessi colloqui, che si erano tenuti a Oslo.

I colloqui di pace ricominciarono lo scorso ottobre. Dal 3 gennaio 2013, giorno in cui due deputati curdi ottennero il permesso di far visita al leader del PKK in carcere, le negoziazioni vennero ribattezzate “processo di Imrali”, dal nome della prigione turca in cui Ocalan è detenuto. Per alcuni mesi i colloqui rimasero riservatissimi, per volontà  soprattutto di Erdogan, che era stato molto attaccato dalle opposizioni per avere scelto di scendere a patti con il PKK. Lo stesso Erdogan ha sostenuto che il processo di pace potrebbe costargli la carriera politica.

Negli ultimi mesi i colloqui tra servizi segreti turchi e Ocalan sono andati avanti tra alti e bassi. Il 9 gennaio l’omicidio a Parigi di tre attiviste curde – Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez – sembrava potesse bloccare le trattative di pace. Il governo turco, però, dimostrò di non volere fermare i colloqui: Erdogan decise di far entrare nel suo governo delle figure politiche più propense al dialogo e fece approvare una legge che permetteva l’uso della propria lingua madre, tra cui il curdo, nei processi in tribunale. Come ultimo gesto di buona volontà , il 12 marzo il PKK rilasciò 8 prigionieri che erano tenuti nascosti nelle montagne in Iraq.

Cosa dovrebbe prevedere l’accordo
L’annuncio di oggi potrebbe permettere progressivamente la realizzazione di tre obiettivi: rafforzare il processo di pace iniziato l’ottobre scorso, garantire un iniziale spostamento dei combattenti del PKK dalla Turchia al nord dell’Iraq (dove il PKK mantiene delle basi) e raggiungere il disarmo totale del movimento di guerriglia. Il ministro della giustizia turco, Sadullah Ergin, ha detto lunedì scorso che i tre passi potrebbero realizzarsi entro la fine del 2013.

Cengiz Aktar, professore di scienze politiche dell’Università  Bahcesehir a Istanbul, ha detto che il successo nella realizzazione dei tre passi delle negoziazioni di pace potrebbe anche non significare una soluzione immediata del problema curdo per la Turchia: «Potremmo entrare in un’era post-conflitto, ma questa era durerà  molto tempo. Non ci sono rapide soluzioni nella risoluzione di un confitto». Il cessate il fuoco sarà  anche un test per capire quanta influenza ha ancora Ocalan sui combattenti del PKK, dopo anni in cui è rimasto ufficialmente in totale isolamento nella sua prigione di Imrali.

foto: Le manifestazioni curde a Diyarbakir (AFP/Getty Images)


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