La tenerezza e la fragilità 

Loading

Ed è l’immagine indelebile della successione fra successori viventi di Pietro. Nella pace e nella serenità  di una storia che sta finendo e di un’altra appena cominciata senza scismi, traumi, sferragliare di spade, lotte di re e imperatori, abbiamo assistito al passaggio umano, non formale, fra un vecchio ex Papa in vita e uno nuovo. Alla resurrezione di un potere spirituale che i fedeli credono trascendente, ma che ieri si è incarnato in quelle due figure tanto diverse e tanto identiche.
Come sempre e come tutto quello che vediamo e ascoltiamo da quell’undici febbraio scorso quando Benedetto XVI restituì il commissum, l’impegno che il Conclave gli aveva assegnato, ci si deve affidare alle immagini per capire l’enormità  di quanto il popolo dei cristiani cattolici, e il resto del mondo con loro, sta vivendo. Nella mancanza di un lessico adeguato, di parole che raccontino questa storia che non ha spartito né storiografia, va letto ogni gesto, anche il più minuto, perché si carica di significati. Racconta dettagli che divengono enormi e nuovi nella impossibilità  di raffrontarli a esperienze già  vissute o viste, “terra incognita” nella quale anche i due grandi vecchi in bianco si sono addentrati ieri per la prima volta insieme.
Deve essere allora la suggestione di quella parola «tenerezza », che Papa Francesco ha ormai indelebilmente associato al proprio pontificato come un sigillo, ma proprio questo era il sentimento che prendeva vedendo la figura ormai eterea, di candela consunta, di Joseph Raztinger muovere passi da bambino, verso lo stesso elicottero che lo aveva portato dal Vaticano a Castel Gandolfo, poggiato all’ormai indispensabile bastone. Quel bastone che aveva orgogliosamente respinto nei suoi ultimi passi eretti e svelti da Papa prima di decollare da Roma, che molto dovettero essergli costati.
Non erano certamente superbia né freddezza, ma una fragilità  che abbiamo visto aggravata anche nelle appena due settimane dall’arrivo al Castello, la sua incapacità  di piegarsi per ricambiare l’abbraccio e il bacio del successore.
Bergoglio si è dovuto sporgere verso di lui, come il figlio che va a trovare il padre stanco in casa di riposo e sa che ogni movimento sembra poterlo spezzare, ogni momento insieme può essere l’ultimo. Si dovevano osservare le mani dei due, quelle robuste e forse un filo gonfie dell’argentino e quelle magrissime del tedesco, prima sulle spalle, poi sulle braccia poi intrecciate insieme, a lungo, strette oltre il cerimoniale, con l’anello cardinalizio del Vescovo emerito di Roma che brillava al posto dell’anello del pescatore. Un groviglio di malinconia affettuosa, mentre Ratzinger ripeteva con i suoi aliti di voce fioca, quell’ormai classico «krazie, krazie, krazie» al Vescovo di Roma in carica, a Francesco, che comincerà  l’incontro di quasi due ore dando del «lei» al predecessore e lo finirà  con il «tu».
Come tra “fratelli”.
Il diverso modo di comunicare con il mondo dei due, quella loro “radicale convergenza”, come l’ha riassunta la rivista dei Gesuiti, Civiltà  Cattolica,
avrebbe poi trovato nella preghiera dentro la cappella privata del palazzo papale, di fronte alla riproduzione della Madonna Nera di Czestochowa voluta da Pio XI, la manifestazione più delicata e insieme simbolica. Nella cappella, i cerimonieri avevano preparato la poltrona e l’inginocchiatoio per il Papa, solo imperiosamente di fronte all’altare e all’immagine, che se l’avesse usata avrebbe lasciato il non più Papa alle sue spalle. Ma Francesco l’ha rifiutata, come ha respinto anche l’invito di Ratzinger a entrare per primo nel banco, per mostrarsi “fratello”, per mettersi spalle a spalle con l’altro. Francesco dalle larghe spalle sotto la mozzetta riservata al Papa in carica, Benedetto non più tale stretto nel “lupetto” imbottito bianco, per proteggere le proprie spallucce da quell’aria sempre un po’ gelida che permane dentro i castelli a fine primavera.
La transizione delle chiavi di Pietro è avvenuta in quella sequenza, sotto lo sguardo di una Madonna che non aveva, neppure Lei, mai visto niente di simile.
Il figlio era diventato il padre e il padre suo figlio, soli, dopo che l’arcivescovo Georg Gà¤nswein, nella funzione di reverendissimo sacrestano per loro, aveva chiuso i battenti della porta della cappella, e assicurato i fermi perché non si spalancasse per caso sulla loro devozione. Ci piacerebbe sapere per cosa abbiano pregato, il Papa e il non Papa, quali intenzioni, e paure, e miracoli abbiano chiesto, come vorremmo sapere che cosa c’è dentro quel cofanetto bianco che Ratzinger ha consegnato a Francesco e che era stato messo, ostentatamente, sul tavolino fra di loro, perché lo vedessimo.
Non c’era alcuna necessità  di mostrare quello scatolone, che senza il bianco pontificale non sarebbe stato molto diverso da un qualsiasi box per traslochi o da quei cartoni che gli angeli cacciati dai falsi paradisi di Wall Street si portavano via, con i rottami delle loro vite dentro. Ma anche questo oggetto, piantato fra l’ex Papa, seduto sulla poltrona dura a schiena alta e rigida per supportarlo meglio, e il nuovo Papa, più comodo su un divanetto imbottito, sporto in avanti, a gambe larghe, come in una conversazione qualsiasi fra amici, raccontava la volontà  di una transizione umanissima, quasi burocratica, fra l’amministratore delegato dallo Spirito Santo e dai cardinali al successore, che con quella brutta contabilità  dovrà , ora, vedersela lui. Pregando molto la Madonna che ha regalato al padre malato prima di salutarlo, la Vergine dell’Umilità . Un’altra di quelle intuizioni che stanno già  rendendo Francesco amatissimo, e la più difficile, l’umiltà  del potere.


Related Articles

Consulenze d’oro, ecco il sistema Formigoni

Loading

I pm: meccanismo in funzione fin dagli anni 90, corruzione dietro i contratti fittizi

Il vicolo cieco della confusa crisi italiana

Loading

Il Quirinale come la fossa delle Marianne. Chiunque si avventuri nella formazione di un governo rischia di scomparire

Letta cauto: attendo la prova dei fatti

Loading

Epifani: da Berlusconi solita doppiezza. Bersani: non si governa a tutti i costi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment