La rabbia e la paura «Non mi escluderete»

by Sergio Segio | 24 Marzo 2013 9:12

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Ha minacciato, preteso, e alla fine chiesto di non essere tagliato fuori. Dalla partita del Quirinale e magari persino dal parlamento, con queste idee «lunari» che adesso girano: il conflitto di interessi, l’ineleggibilità .
Piazza del popolo piena e palco contro sole, una disgrazia per l’uveite. Bandiere e cartelli distribuiti all’ingresso, a Roma mezzi pubblici gratis, e gratis anche i torpedoni per arrivare fin qui. Paga il Pdl, giurano. Ricco per finanziamento privato: 15 milioni da Arcore. I grandi schermi nell’attesa spingono sul culto della personalità . Milano 2, il Milan, Canale 5, lo stile degli esordi ma vent’anni dopo. Quasi una lapide polemica: ecco Santoro, ecco Garimberti, Mentana nelle sue tv. Ma appena si arrampica sul trespolo azzurro chiarisce che non finirà  mai: «Siete pronti a una nuova campagna elettorale?».
Sono pronti. Si fa cullare dai cori e dagli applausi. «E siete contenti della campagna elettorale che ho fatto?». Lo chiede. Poi lancia i coretti «scemo/scemo» contro Bersani. Ripesca i comunisti e anche i brogli elettorali. Grandi classici. Fischi a Rosy Bindi. Un saluto a Gianfranco Fini. «Buffone». Uno a Pier Ferdinando Casini. «Venduto». E a Di Pietro, a Ingroia. Una new entry: «Grillo è andato al Quirinale travestito da dittatore dello stato libero di bananas». Passaggio delicato: «Con lui sono gli anarchici, i no tav e i centri sociali». E Bersani, «vecchio militante del Pci», vuole farci il governo. «Sono marziani irresponsabili spinti dall’invidia e dall’odio sociale». Così prepara il terreno per il governo di «concordia nazionale». E non siamo ancora alla giustizia.
Ci arriva tardi, dopo un’ora di comizio. Più urgente la preoccupazione per quello che sta progettando il presidente del Consiglio pre-incaricato. «Precario», dice. Sulla piazza cala il peso della disperazione del Cavaliere. «Dobbiamo fermarli. Vogliono fare un prelievo forzoso dai conti correnti. L’hanno già  fatto». Sospira, arranca ogni tanto. Sembra davvero preoccupato. Si confonde: «Non possono escludere la metà  del paese». «Siamo la maggioranza». «Rappresentiamo un terzo degli elettori». Vuole stare dentro, ma come dice lui. «L’unica soluzione possibile è un governo con noi». Altrimenti elezioni. «Stavolta vinceremo alla grande». Il prezzo della trattativa è chiarissimo, niente «vecchie alchimie e doppi binari», nel trucco delle riforme non ci casa. Piuttosto «hanno preso il presidente del senato e della camera, vogliono il capo del governo, allora il presidente della Repubblica dev’essere un moderato». Un moderato e basta? No, dev’essere «di centrodestra». Le trattative si fanno così.
E così resta poco tempo per la giustizia, anche se siamo in una piazza lanciata dall’aula di un tribunale, a Milano venti giorni fa. Anche ieri c’era udienza, ma la corte d’appello ha sospeso tutto e rinviato di un mese. Riconoscono i giudici che Berlusconi è impegnato nelle trattative per il nuovo governo. Così come ha fatto presente ai magistrati il presidente della Repubblica. Ieri intanto il legittimo impedimento era certificato: al mattino era convocato l’ufficio di presidenza del Pdl, il Cavaliere non poteva essere a Milano. Però, ottenuto il rinvio, l’ufficio di presidenza slitta al primo pomeriggio. Dura mezz’ora, perché c’è la manifestazione. Domani vedremo come si regoleranno i giudici del processo Ruby.
E nella manifestazione arriva l’annuncio della contromossa contro la temutissima «escalation giudiziaria». Una proposta di legge per consentire a tutti gli imputati «specie se sono stati eletti dal popolo» di ricusare il proprio giudice «se milita in una corrente ideologizzata». Anche questo è un revival, il «legittimo sospetto», la legge Cirami di 11 anni fa. Qualcosa d’antico anche nei saluti: «Viva l’Italia, viva Forza Italia». E poi, il peso della stanchezza e della paura dietro il sorriso e il braccio immobile: «Vi abbraccio tutti, uno a uno».

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