La maschera dell’Alieno

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L’altro ieri l’Alieno a Cinque Stelle, appunto, ha sollevato il braccio in segno di saluto, o magari era di pace. Ieri sulla sommità  del capo grillino si è notato anche un pon-pon, che ai più anziani ha ricordato quelli che ornavano i copricapi del professor Miglio.
EPER quanto negli ultimi anni il giornalismo politico, ancorchè traumatizzato dalle novità  elettorali, abbia fatto una certa abitudine alle visioni più stranianti, seguitano ad arrivargli immagini, o forse sono epifanie, sogni, fantasmi, che a loro insaputa mettono comunque anche un pochino di ansia. Maschere e cappucci in effetti non sembrano indossati per ispirare serenità . Nel migliore dei casi, rimanendo nel passato prossimo, si trattava dell’olgettina che in residuo di pudore dopo le prime rivelazioni cercava di camuffarsi dinanzi ai fotografi (poi Marystell si esibì nel trio “Munecas de clase”). Altrimenti la vita pubblica e imbacuccata presuppone ragioni più serie, vedi il Subcomandante Marcos, con tanto di pipa, oppure abbastanza depressive o decisamente spaventose: penitenti in processione, riti massonici, rapinatori di banche, esecuzioni di dittatori, torture ad Abu Ghraib o a Guantanamo, Ku Klux Klan e altre amenità .
Ci mancava il Grillo nascosto, e proprio adesso che da lui bene o male, come si è capito e si capirà  ancora meglio, dipendono gli equilibri e i destini di questo paese. Un Grillo che in campagna elettorale gridava, riempiva le piazze, saliva sulle gru oppure si buttava a peso morto sulla folla, ripeteva i suoi programmi sotto la pioggia e chiedeva di chiudere gli ombrelli, «per vedervi in faccia», e tutti a prendere l’acqua, felici. Ma anche il Grillo istantaneo e immateriale del suo blog, profeta carismatico e weberiano della Rete, leader carnale ed evanescente, così lontano e al tempo stesso ora così vicino al Palazzo da potersi permettere il lusso di guidare il suo vasto movimento da fuori, senza essere eletto, privilegio inedito nella storia politica.
E allora: scartate quelle terrificanti fantasie d’incappucciati, cosa vuol dire questo suo muto travestimento che pare provenire da un’altra dimensione? Come interpretare questo spettacolo di ipnotico nascondimento post-elettorale? L’avesse messo in scena Berlusconi, che pure una volta si travestì da danzatore berbero per donare un gioiello a Veronica (bei tempi!), si era largamente autorizzati a pensare che quell’essere arcano e vistoso davanti alla vetrata di casa nascondeva sotto occhiali e giacca vento le fresche tracce dell’ennesimo lifting. Altri leader conciati in quel modo non paiono plausibili. Nemmeno Bossi rimbambito o Cossiga che per un attimo, a Porta a porta, provò a mettersi una maschera sarda. Ma Grillo? Certo, un uomo di spettacolo riesce meglio di chiunque altro a catturare l’attenzione. Non si inventa nulla: già  nel teatro antico gli attori recitavano con una maschera sul volto, che aveva nome “persona”. Ecco, nel tempo della personalizzazione esasperata e parossistica, al culmine della civiltà  del cerone, del botulino, del ritocco e del trapianto, quando per garantire la massima verità  non c’è personaggio che non invochi la sacra formula “Ci metto la faccia!”, insomma, colpisce il leader del M5S, homo novus della politica, che si offre in visione in silenzio e soprattutto senza faccia.
Come se la smania di visibilità , all’apice della sua fama, si accartocciasse di colpo; o come se lo stesso Grillo, diventato quello che è oggi, sentisse di colpo il peso di essere se stesso e la necessità  di coprirsi rifugiandosi dietro e dentro una giacca a vento così accogliente da renderlo al tempo stesso strambo e irriconoscibile. E in questi casi si ha sempre un po’ il timore di sparare scemenze, o di perdersi dietro abbaglianti elucubrazioni, le due cose oltretutto non essendo affatto inconciliabili. Ma certo Beppe Grillo ha operato una trasformazione che è anche un auto-disvelamento. Per quanto momentanea, questa sua maschera rappresenta un essere psicologico o spirituale che sia, ne assume le caratteristiche, ne indica l’origine e il tempo mitico. Nel caso specifico e nel momento dato, con quel cappuccio e gli occhialoni e il pon-pon il leader del M5S esprime il massimo dell’estraneità  e della lontananza rispetto al mondo che lo aspetta tra Montecitorio, il Quirinale, le sedi dei partiti, le redazioni dei giornali e dei tg.
Si perdoni il tono oracolare perché il peggio deve ancora venire. Eccolo. Il messaggio del Grillo in maschera é: io sono un extraterrestre. Si legge del resto nei manuali di antropologia — ogni giorno che passa più utili di quelli di politologia — che indossare una maschera “presenta caratteristiche simili a quelle della possessione e dell’estasi sciamanica”. Come dire che rispetto ai codici previsti dalla Costituzione e dalla prassi in questi momenti, quella specie di grosso coleottero non fa il marziano, ma si sente marziano e soprattutto ci tiene a sentirsi un marziano. Tenerne conto può essere perfino utile. Per il resto, che è molto, è bene sapere che non sempre, né per sempre i cappucci, le estasi e le possessioni sono accolte come tali. Specie a Roma, e a questo proposito, anche se certo troppo presto per prefigurare esiti di sorta, per pura e scettica allegria non si resiste alla tentazione di richiamare l’ultima pagina del Marziano di Flaiano, là  dove l’alieno protagonista comincia a sentirsi trascurato e sente una voce: “A marziano!”. E allora si ferma. Il silenzio è squarciato da una pernacchia e da uno stridulo suono di tromba. Altra voce: Marzianooooooo! Terza voce: “Marzianoooooo!”. Un altro suono di tromba, comico, straziante, offensivo, modulato di fiorettature. Nel silenzio che segue, una sconcia risata. E lui poveraccio, “Mascalzoni — mormora — canaglie”. Si siede affranto, la testa tra le mani.


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