by Sergio Segio | 17 Marzo 2013 8:11
LA TELEFONATA più importante? «Quella con Napolitano a cui ho detto “Sono pronto a cominciare questo cammino”». Come confessa la moglie Mariella, mentre attende al Senato l’esito del ballottaggio, «stamattina ci siamo svegliati in un modo e adesso la nostra vita sta diventando un’altra». Nella quale però domina l’assoluta normalità , tant’è che Grasso — ufficialmente di nome Pietro, ma Piero per gli amici — mangia in piedi alla buvette del Senato mozzarella e prosciutto e dice subito «guardate che ho pagato io». A sera cena in famiglia con il figlio Maurilio, funzionario della squadra mobile all’Aquila, che torna apposta per stare con lui e la madre. Di mezzo ci sono 16 applausi in aula durante il suo discorso di insediamento, quando cita la costituente Teresa Mattei, quando definisce la nostra Costituzione «la più bella del mondo», quando ricorda il sacrificio di Moro.
L’altro ieri procuratore nazionale antimafia, ieri senatore, adesso presidente del Senato. La sua voce ha avuto sfumatura incrinate dalla commozione quando ha parlato in aula. Cosa prova adesso?
«Devo confessare che il momento davvero più emozionante e commovente l’ho vissuto quando sono uscito dal Senato e ho avuto la sorpresa di trovarmi davanti un mare di folla che mi ha applaudito e ha gridato “siamo con te, forza, questo Paese può migliorare”».
Nei giorni scorsi, quando Repubblica ha scritto che lei poteva diventare presidente del Senato, lei però alzava le spalle…
«Ero incredulo, certo. Lo sono stato fino a quando non mi ha chiamato Bersani. Erano le otto. Mi ha detto “ti propongo di fare il presidente del Senato”. Gli ho risposto “aspetta un attimo perché devo sedermi”».
Cos’ha provato durante la votazione?
«Io ero quasi incredulo per quello che stava avvenendo. Il ballottaggio è stato emozionante. In una sfida così può avvenire di tutto, ma poi mi sono reso conto che ce l’avrei fatta».
Ha già parlato con Napolitano da seconda carica dello Stato?
«Sì, ovviamente l’ho chiamato subito dopo la mia elezione. Gli ho detto che sono pronto per questo cammino che certo non sarà facile, ma nel quale, come ho sempre fatto nella mia vita, investirò tutte le mie energie».
Nel suo discorso lei ha citato Antonino Caponnetto, l’ex capo dell’ufficio istruzione di Palermo quando c’era Falcone, e quella frase che le disse all’inizio del maxi-processo «fatti forza ragazzo, vai avanti a schiena diritta e testa alta seguendo la voce della tua coscienza». Sarà possibile farlo anche adesso?
«Ho lasciato il mio lavoro di magistrato, che ho amato profondamente, per spostarmi in politica con l’obiettivo di fornire la mia competenza tecnica sulla giustizia. Tant’è che, nel giorno stesso in cui si è insediato il nuovo Parlamento, ho tenuto a depositare subito la mia proposta di legge sull’anti-corruzione. Autoriciclaggio, voto di scambio politico- mafioso, falso in bilancio punito severamente, marcia indietro sulla concussione. Da quando sono stato eletto ho lavorato solo su quello perché volevo dare subito un concreto segnale di cambiamento, dimostrando che dalle parole di Bersani si poteva passare subito ai fatti».
E adesso che succede? Cambierà tutto? La giustizia passerà in secondo piano?
«Nient’affatto. Tant’è che ho subito proposto di fare la commissione d’inchiesta sulle stragi irrisolte».
Non ci sono state gelosie nel suo partito per questo incarico?
«Assolutamente no. Nell’assemblea del gruppo le parole di Bersani sono state accolte da un’acclamazione. Ho ricevuto strette di mano e abbracci. Anna Finocchiaro mi ha detto subito di essere disponibile a darmi una mano e mi ha incoraggiato ad affrontare questo impegno con entusiasmo».
E Berlusconi in aula quando si è avvicinato a fine votazione che le ha detto?
«È venuto a complimentarsi. Ho ribadito che sarò il presidente di tutti e lui ha aggiunto che condivideva molte cose del mio intervento».
Ha già avuto un primo contatti con i senatori grillini?
«Fino al momento della mia elezione non ho avuto alcun avvicinamento con loro. Poi, dopo essere stato eletto, ho parlato con Crimi che si è congratulato con me. Gli ho detto che c’è molto da fare e che ci sono anche molti temi in comune che possiamo affrontare. Siamo tutti e due palermitani e veniamo entrambi dal mondo della giustizia. Le condizioni per una possibile affinità ci sono e i punti su cui poter lavorare pure, quelli che ho citato nel mio discorso, la trasparenza, la necessità di diminuire i costi per una nuova politica, l’obiettivo di trasformare il Senato in un casa di vetro, i diritti che non devono diventare mai privilegi».
Progetti di lungo respiro, ma lei non fa i conti con una legislatura che potrebbe essere brevissima?
«C’è molto da fare certo, ma io lavorerò come se questa legislatura dovesse essere piena. I cittadini che hanno votato hanno espresso un disagio che va recepito e deve trovare una risposta. Adesso è importante che il Parlamento cominci subito a lavorare e che si faccia il governo».
Ne ha già discusso con il capo dello Stato?
«L’ho fatto, ma ne riparleremo non appena cominceranno le consultazioni».
Ha un segreto da rivelarci?
«Ho portato con me, nel taschino della giacca, l’accendino che fu di Falcone».
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