La carica delle governatrici da Mosca alla Federal Reserve

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I critici, che pure ne riconoscono la solidità  come economista, la descrivono come una tecnocrate leale al presidente, senza esperienza in campo monetario e priva di una forte personalità , in altre parole troppo vulnerabile alle pressioni del Cremlino per una politica monetaria più accomodante. Il rischio? Riaccendere l’inflazione e far fuggire gli investitori e i capitali esteri da Mosca.
Figlia di un autista e di un’operaia, Nabiullina, che è sposata con un accademico e ha un figlio, però, fa notizia anche per un’altra ragione. È la prima volta che un Paese del G8 affida a una donna la guida della sua autorità  monetaria. Un ruolo cruciale per indirizzare l’economia, soprattutto in tempi complessi come quelli attuali.
Ma la russa potrebbe non essere l’unica, perché sulla rampa di lancio della moneta già  si prepara un’altra signora. Janet Yellen, 66 anni, vice presidente della Federal Reserve, è infatti la super favorita a prendere il posto di Ben Bernanke il prossimo gennaio, quando terminerà  il suo secondo mandato che, pare, non sarà  rinnovato dal presidente Barack Obama.
Yellen, sposata con il premio Nobel per l’economia George Akerlof e con un figlio (economista), è un peso massimo in campo monetario. Con un curriculum stellare: ex capo del Consiglio economico della Casa Bianca durante la presidenza di Bill Clinton, ha guidato la Federal Reserve di San Francisco tra il 2004 e il 2010, l’anno in cui Obama l’ha chiamata a Washington promuovendola vice presidente della Fed. Ma i galloni li ha conquistati mettendo in guardia, già  nel giugno 2007, contro la crisi economica e finanziaria, che ha «visto» prima di Bernanke. Il quale, sei settimane dopo, continuava a ripetere ai suoi colleghi alla Fed che «le probabilità  sono che il mercato si stabilizzi», secondo quanto si è appreso di recente dalle minute sulle riunioni della Banca centrale americana.
Riusciranno più donne super banchiere a evitare la prossima tempesta sui mercati mondiali? Qualche tempo fa Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, ha sostenuto che la crisi finanziaria avrebbe preso un’altra piega se «Lehman Brothers fosse stata un po’ più Lehman Sisters». Difficile verificare l’affermazione della signora del Fmi, perché le donne ai posti di comando della finanza dovrebbero essere molto più numerose. Anche ai vertici delle autorità  monetarie. Invece in tutto il mondo oggi sono soltanto 15 le donne governatrici su 177 banche centrali, appena l’8,5%, secondo il Central Bank Directory del 2013. E si trovano per lo più nei Paesi emergenti. Tra queste spiccano Gill Marcus, al vertice della Banca centrale del Sudafrica, e Mercedes Marcà³ del Pont in Argentina, mentre non c’è nessuna donna tra i 17 governatori dell’eurozona o i 6 membri del direttorio della Bce.
In attesa degli sviluppi alla Fed, perciò i riflettori restano tutti puntati su Nabiullina che, dopo la conferma formale del Parlamento russo, a fine giugno prenderà  il posto dell’attuale governatore, Sergei Ignatiev, che negli 11 anni alla guida della Banca centrale si è distinto come un fiero nemico dell’inflazione. A costo di ingaggiare un duro braccio di ferro con Putin, che vorrebbe invece una politica di bassi tassi di interesse e un rublo più debole per spingere sull’acceleratore della crescita. Sebbene non viene messa in dubbio l’onestà  intellettuale di Nabiullina, il mercato teme che l’economista abbia la forza di resistere alle pressioni di un presidente al quale deve la sua carriera fulminante, che in pochi anni l’ha portata a un ruolo di primo piano nel governo, a sedere nel board del gigante energetico Gazprom e a diventare l’advisor personale di Putin in materie economiche.


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