Julia, una “Woman in black” per proteggere il presidente

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WASHINGTON — E’ stata una brutta storia di donne ad aprire la strada del Servizio Segreto americano alla prima donna direttore in 150 anni. Senza la scandalo degli agenti incaricati di proteggere il presidente Obama in Colombia un anno fa, sorpresi a spassarsela e a distribuire dollari nei bordelli di Cartagena, il direttore in carica non sarebbe stato cacciato. E Julia Pierson non sarebbe stata chiamata al suo posto.
La missione del Secret Service, che non è un’agenzia di spionaggio come a volte i lettori dei romanzi di Ian Fleming credono, è insieme semplicissima e terribile. Riassunta nel motto che ciascuno dei suoi mille e quattrocento agenti conosce bene: si tratta di prendere il proiettile destinato al Presidente. Quel sacrificio supremo che Clint Hill, l’uomo che vedemmo saltare invano sulla Lincoln di Kennedy a Dallas, non riuscì a compiere, senza mai riuscire a perdonarselo.
Ora spetterà  a una signora di 53 anni, con quasi trenta di lavoro nel Secret Service, comandare l’agenzia responsabile della sicurezza dei governanti, delle loro famiglie, degli ex presidenti, dei candidati alla Casa Bianca nell’ultima fase della loro campagna. Sono ormai un terzo della forza attiva le donne che indossano il
badge del Servizio Segreto e che è facile distinguere nella piccola folla che circonda il Presidente dal filo dell’auricolare che pende dall’orecchio e dall’apparente tic di parlare dentro la manica della giacca, dove è nascosto il microfono. Sempre tutti in nero, “Men and Women in Black”, nel vestito d’ordinanza che ha ispirato proprio il film di fantascienza.
Julia è un floridiana, nata a Orlando nel 1960 prima ancora che Walt Disney trasformasse gli acquitrini della Florida Centrale nel “Magic Kindom” di Cenerentola a Disneyworld. In Florida si era laureata, prima di essere reclutata dal Servizio Segreto e trasferirsi nella capitale Washington. Da matricola a “capo dello staff”, come vuole il titolo formale del direttore, la Pierson, che ha trovato anche il tempo di sposarsi e di avere due figli, ha attraversato tutto il labirinto delle missioni e degli uffici del Service, dalla lotta alla contraffazione di banconote — per la quale fu creato nel 1865 a Guerra Civile appena finita — alla cybersicurezza che deve circondare i computer, la rete e le comunicazione di “Potus”, come lo chiamano genericamente gli uomini e le donne in nero. Il President Of The United States ». O, secondo il nomignolo scelto da Obama stesso: “Renegade”. Il rinnegato.
E’ soprattutto negli spostamenti fuori dal grembi protettivo della Casa Bianca, dove pure occasionalmente qualche folle esplode colpi di fucile contro i vetri blindati e tenta di schiantare un aeroplano monomotore come accadde durante la presidente Clinton, che gli agenti con l’auricolare si guadagnano la paga e si accorciano la vita nell’ansia. Julia, addestrata come tutti alle tecniche di lotta, all’uso delle armi, alla individuazione a colpo d’occhio di espressioni o movimenti sospetti, ha accompagnato più volte sia “Tumbler”, il ruzzolatore (soprannome di Bush) che “Renegade”, ma per lei i giorni dell’angoscia su campo sono finiti. Sarà  la responsabile, la coordinatrice e l’amministratore dei quasi due miliardi di dollari che sono il bilancio annuale del Servizio, un tempo alle dipendenze del Ministero del Tesoro e dopo il 2003 inghiottito nel moloch della Agenzia per la Sicurezza Nazionale creata dopo l’11 settembre. E se il lavoro sul terreno, gomito a gomito fra la folla e i presidenti, le mancherà , se la partecipazione fisica, quotidiana alla vita dei suoi potetti che sono perennemente a contatto con gli agenti in nero come a volte neppure i coniugi e i figli sono, la sua assunzione come donna alla massima poltrona di un servizio dove dare la vita è routine, è un piccolo passo per una donna come lei, già  la numero due. Ma un grande passo per le donne, finora un po’ in disparte nelle agenzie di spionaggio, controspionaggio e sicurezza che hanno infranto un altro soffitto di cristallo, un altro tabù professionale.
Il Secret Service con il comprensibile pretesto di prevenire e sventare minacce alla sicurezza dei due massimi simboli della potenza americana — il dollaro e il presidente — di fatto può mettere il naso dove vuole. Seimila possibili attentati sono stati stroncati sul nascere nel 2012 e quattromila sospetti arrestati, un totale che l’avvento del primo presidente di colore, appassionatamente detestato da molti, ha incrementato. Una teenager di Sacramento, in California, si vide piombare in casa due “Men in Black” quando mandò una email a un’amica per dire che «ammazzerei questo presidente tanto non lo sopporto» prontamente intercettata dal Grande Fratello (fu subito rilasciata con una ramanzina).
Prendono tutto sul serio. Non sorridono mai. Vivono nell’incubo della prossima pallottola, in un Paese nel quale ci sono più armi che persone. E ora tutto quell’incubo appartiene a Julia. La prima donna che dovrà  rimboccare le lenzuola al presidente, prima di affidarlo alla moglie.


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