Inno di Mameli e rabbia «Intervenga Napolitano»

by Sergio Segio | 12 Marzo 2013 8:20

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MILANO — I cortei sono un’altra cosa, diciamolo subito. Questa, come ammette qualcuno dei presenti, assomiglia piuttosto a una passeggiata: «C’è anche un bel sole», commenta sorridendo un «manifestante». Fatto sta che i parlamentari del Pdl, riuniti ieri mattina nel centro congressi dell’Unione Commercio per il vertice del gruppo, verso le 13.30 hanno deciso di darsi nuovo appuntamento di fronte al Tribunale di Milano. Gambe in spalla e via. Volti agguerriti le signore, eleganti, qualche tacco 12 pochissimo adatto al corteo; facce più rassegnate tra gli uomini, con qualcuno che cerca anche di defilarsi. Il commento però è unanime: «Hanno esagerato». Soggetto sottinteso, i giudici. Che in una sola mattina, nel giro di pochi minuti, hanno prima negato il legittimo impedimento chiesto dagli onorevoli Niccolò Ghedini e Piero Longo (legali del Cavaliere nel processo Ruby in corso a Milano); poi mandato una visita fiscale al presidente Silvio Berlusconi, ricoverato al San Raffaele. Infine, terzo lancio di agenzia, firmata la richiesta di giudizio immediato nell’inchiesta napoletana sulla presunta vendita di senatori.
A quel punto, il segretario Angelino Alfano ha rilanciato il proposito del giorno prima, quello della manifestazione davanti al Palazzo di Giustizia, che era stata bloccata dallo stesso Berlusconi. «Abbiamo dovuto disobbedirgli per la prima volta», spiega Mariastella Gelmini. Alfano lancia l’adunata: «Possiamo non far sentire la nostra voce e nascondere la nostra indignazione?». Applauso della folla di parlamentari. E quindi, si parte. Escono prima le donne, la stessa Gelmini, Daniela Santanchè, Laura Ravetto, Michela Vittoria Brambilla, Elena Centemero: sono indignate e parlano, in climax ascendente, di «congiura», «persecuzione», «stalking», «tortura». Esce Paolo Romani, ecco il senatore e coordinatore lombardo Mario Mantovani che ammette: «Berlusconi era contrario a questa iniziativa, ma oggi abbiamo superato il limite». Si incamminano Gianfranco Rotondi e Paolo Bonaiuti, Renata Polverini, Alessandra Mussolini.
Verso le 14 il gruppo dei parlamentari è già  sistemato sulla scalinata di fronte all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia. Le donne sono in prima fila e trascinano il gruppo. Michaela Biancofiore ha scaricato l’Inno d’Italia e allerta le colleghe, «dai che cantiamo». La Mussolini sventola una sciarpa tricolore che passa a Paola Pelino. Arriva Alfano, che si è attardato all’Unione del Commercio insieme a Cicchitto, Quagliariello, Lupi, Gasparri, giusto il tempo per far arrivare i giornalisti. Ressa di rito tra telecamere e fotografi e poi inizia la conferenza stampa. Alfano ripercorre le vicende della mattinata che dimostrerebbero l’accanimento della magistratura verso Berlusconi: «Si tratta di tre fatti gravissimi e noi siamo qui per difendere il nostro leader, la nostra storia, Forza Italia e per difendere la democrazia nel nostro Paese e le nostre istituzioni». Questo il messaggio che verrà  portato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Abbiamo un grandissimo rispetto per lui e siamo dispiaciuti per l’evolversi della giornata, ma l’aggravarsi della situazione ci ha portato ad essere qui». Alfano usa parole d’ammirazione per il presidente, «uomo saggio che abbiamo conosciuto, un interlocutore di cui ci fidiamo che è anche presidente del Csm, e a lui affideremo la nostra preoccupazione per l’emergenza democratica». Ma la minaccia è alta: «Stiamo valutando l’opportunità  â€” aveva già  anticipato il segretario ai suoi — di non partecipare ai lavori parlamentari finché le nostre istanze non saranno prese in esame». E già  per la prima seduta, in programma venerdì prossimo, i pidiellini potrebbero ritirarsi sull’Aventino.
Subito dopo, Alfano ordina l’ingresso in Tribunale: si saltano controlli e metal detector e i parlamentari arrivano di fronte all’aula dove è in corso il processo Ruby. Ma la porta è chiusa, in attesa della Camera di Consiglio. Alfano insiste, poi capisce che è partita persa e va verso Ghedini: «Non ti hanno permesso di venire alla riunione del gruppo e il gruppo è venuto da te». Intanto Vito Crimi, capogruppo del M5S alla Camera giudica «indegno» l’attacco del Pdl ai giudici e risponde a chi chiede se i «portavoce» voterebbero in Aula per l’arresto di Berlusconi: «È una domanda retorica. Ovviamente sì». Ovviamente.

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