Il viatico per il governo rischia di finire su un binario morto

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La quasi unanimità  raccolta ieri dal segretario è quella di una forza politica convinta di vincere il 24 e 25 febbraio, e traumatizzata dai risultati elettorali; e adesso, costretta a rendersi conto che i numeri parlamentari non permetteranno probabilmente alla sinistra di avere un presidente del Consiglio. L’alternativa del voto anticipato rimane sullo sfondo, ma almeno in apparenza si è allontanata.
La regia della crisi è nelle mani del Quirinale. Nel conflitto latente fra le ambizioni di Bersani e il realismo del capo dello Stato, sta lentamente prevalendo il secondo. Tra la nebbia fitta dei veti incrociati e di una campagna elettorale mai finita, si intravede la sagoma di un possibile «governo del Presidente». Ma i contorni sono sfuocati, e la stessa maggioranza che dovrebbe sostenerlo per il momento non prende corpo; né è scontato che riesca a materializzarsi in tempi brevi.
Per questo, fra le ipotesi estreme non si esclude nemmeno una sorta di «congelamento» di Mario Monti a Palazzo Chigi, rimandandolo alle Camere per vedere se riesce a strappare la fiducia del Parlamento. Significherebbe tuttavia prendere atto che non è stato possibile trovare una soluzione in grado di mettere d’accordo Pd e Pdl, visto il veto, comprensibile quanto rischioso, della sinistra nei confronti di Silvio Berlusconi; e che la «strategia del no» del movimento di Beppe Grillo tiene in scacco il Pd. In cambio, si fornirebbero garanzie ad un’Europa e a mercati internazionali che osservano con preoccupazione crescente l’involuzione dell’Italia.
«Meglio il voto che un governo antieuropeo», ha detto ieri il premier dimissionario incontrando i suoi parlamentari, e confermandosi l’interlocutore delle cancellerie. Comunque vada a finire, è evidente l’affanno irrisolto del sistema dei partiti e l’incapacità  di dare stabilità  al Paese in un passaggio cruciale. La politica è riemersa dalle urne più impotente e confusa, dopo la parentesi della coalizione dei tecnici che voleva invece archiviare. E il Pd appare incerto sul da farsi e inchiodato in un vicolo cieco dal «tanto peggio tanto meglio» dei grillini, che rifiutato in modo irridente le offerte di alleanza.
Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, nota maliziosamente che Nichi Vendola rimane governatore della Puglia: segno, a suo avviso, che Bersani non riuscirà  a fare un governo. Ma i passaggi sono ancora molti, e tutt’altro che scontati. Ingorgo politico e istituzionale si intrecciano più di quanto chiunque fosse in grado di prevedere. E, nonostante ogni sforzo di Napolitano, l’ipotesi che si torni alle urne di qui a un anno è difficile da scansare. Sarebbe un epilogo disastroso, perché darebbe ragione a chi ritiene che il sistema non regga più e dunque vada spazzato via definitivamente. Il problema è che non si capisce chi riempirà  il grande vuoto di potere. Per quanto negato a parole, un compromesso si dovrà  trovare.


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