Il rifiuto dei 5 Stelle in diretta web

by Sergio Segio | 28 Marzo 2013 7:16

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ROMA — Alla fine di una lunga giornata, il capogruppo al Senato Vito Crimi dichiara: «Se Napolitano fa un altro nome, è tutta un’altra storia». Dichiarazione subito corretta, come accade spesso: «Parole estrapolate, tutta un’altra storia si deve intendere nel senso di tutto un altro percorso istituzionale». Quello che è certo, dopo le consultazioni in diretta streaming della mattina, è che il Movimento 5 Stelle dirà  no a un governo a guida Pier Luigi Bersani. No rafforzato da un post di fuoco di Beppe Grillo, che se la prende con i «padri puttanieri» della Repubblica. Colpo di maglio che qualcuno intende anche come una correzione oltranzista per un Movimento parso in mattinata troppo morbido.
Alle consultazioni si fronteggiano Bersani ed Enrico Letta da una parte, Crimi e Roberta Lombardi dall’altra. Il segretario del Pd chiede l’appoggio a un governo per il cambiamento o almeno l’uscita dall’Aula per consentire la nascita dell’esecutivo. La replica di Lombardi gela Bersani: «Mi sembra di guardare Ballarò, da 20 anni sentiamo le stesse cose». Inutili le proteste del segretario — «Qui non siamo a Ballarò, qui la roba è seria» —, i 5 Stelle ribadiscono il no su tutta la linea.
Passa poco e arriva lo tsunami Grillo, con l’attacco ai «padri puttanieri», tra i quali «i Bersani, i D’Alema, i Berlusconi, i Cicchitto, i Monti che ci prendono allegramente per il culo con i loro appelli per la governabilità ». I «figli di NN — conclude — vi manderanno a casa». Bersani allarga le braccia e commenta: «Auguri ai salvatori della Patria». Poi attacca: «L’intelligenza non si ferma con gli insulti. Hanno una proposta? La dicano». Il Movimento vuole un governo «a guida» 5 Stelle o del Presidente: un esecutivo con un nome forte, fuori dai partiti, indicato dal capo dello Stato ma gradito soprattutto a loro. Il nome non c’è ancora: si discute su Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà , Carlo Galli ed Emma Bonino.
Intanto si aprono le prime crepe. Dopo l’affaire Grasso, martedì i gruppi votano sulla posizione da prendere nei confronti delle consultazioni imminenti con il Pd. A sera una velina informa le agenzie che il no alla fiducia ha ottenuto l’unanimità . Notizia falsa e tendenziosa, perché si scopre che le cose sono andate diversamente. Al Senato c’è stata una senatrice che ha votato in dissenso, Alessandra Bencini, igienista dentale di Firenze. Alla Camera si vota prima il no, che ottiene un’ampia maggioranza, ma anche una decina di astenuti. Si rinuncia a votare per il sì, ma si mette in votazione la mozione «se». Ovvero, se Bersani si presenta e lancia una sfida, indicando un nome alternativo, che si fa? Si dice no o si discute? Per la discussione si dichiarano in quattro: Tommaso Currò (che ha anche uno scontro con Roberto Fico), Massimo Artini, Girolamo (Mimmo) Pisano e Matteo Dall’Osso. Niente di clamoroso, ma anche la discussione libera sembra un lusso e i dissidenti vengono silenziati.
I malumori investono anche la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi. Messa sotto accusa lunedì da Adriano Zaccagnini, che ne chiede le dimissioni per aver fatto di testa sua: «Io sono molto incazzoso — spiega — ma a parte i modi molti erano con me. Serve più trasparenza e condivisione. E più discussioni: c’è un’ala di intransigenti e tifosi che tende a imporre la linea». La Lombardi accenna delle scuse: «Ma non era una vera autocritica. Comunque alla fine ora andiamo d’accordo». Ma alcuni pensano a una mozione di sfiducia: «È stanca e sotto pressione — dice un deputato —. Forse è meglio se lascia». Complessa, e in parte litigiosa, anche la formazione delle commissioni: in commissione Ambiente, alla Camera, su 7 posti disponibili c’erano 27 pretendenti a 5 Stelle.
E mentre Gianroberto Casaleggio incontrava Nicola Bianchi e altri per discutere sul nuovo sistema informatico di democrazia interna, saltava la nomina di Daniele Martinelli alla Comunicazione della Camera. Oggi diversi deputati resteranno alla Camera: «Troppo lunga la pausa pasquale», protestano. Si parlerà  ancora di governo del presidente e del caso Lombardi.

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