Il programma del MoVimento, le stelle e le ombre
Ovviamente, è sacrosanta l’abolizione della legge Gasparri ed è rilevante la ripubblicizzazione della rete telefonica (qualche termine appare un po’ desueto: dorsale, Wimax, Adsl, perché? …..), come lo è il superamento del digital divide che permea l’intero testo.
Non è, al contrario, comprensibile la soppressione del canone (bassissimo in Italia per i noti motivi) richiesto alle emittenti per l’uso delle frequenze. Che vanno assegnate con un’asta pubblica ogni cinque anni. Giusto. Si cominci con la conclusione della gara per le frequenze televisive digitali, che si trascina stancamente.
A proposito di broadcasting, nulla si dice sulle stazioni locali e sulla radio. Eppure sono le principali vittime del duopolio. Quest’ultimo è toccato attraverso una normativa antitrust sulla pubblicità e sull’azionariato diffuso, con la soglia del 10%. Sulle risorse è doveroso insistere fino in fondo, questo essendo lo snodo dell’impero berlusconiano. La vicenda di La 7 docet. Il resto rischia di essere un richiamo astratto e futuribile.
Tra l’altro, non è giusto mettere sullo stesso piano la Rai e i soggetti privati. Questi ultimi devono rientrare in una ben precisa griglia anticoncentrazione, mentre il servizio pubblico può diventare un vero bene comune. Più che su di un ridimensionamento quantitativo la fantasia progettuale dovrebbe puntare su una reinvenzione di reti e testate, affidandone una parte alla sperimentazione autogestita dei linguaggi creativi dell’era digitale. Qualche spunto si potrebbe riprendere dalla legge sui media varata in Argentina nel 2009. Un’idea rinnovata di sfera pubblica è essenziale, per evitare lo scivolamento verso l’attrazione degli spiriti liberisti.
Bene, poi, la parte sul copyright, legata in Italia ad una legislazione davvero desueta e antistorica, come pure i residui della normativa limitativa sull’accesso wi-fi.
Ottima l’idea (ricordate lo scontro recente al senato?) di depenalizzare la querela per diffamazione a mezzo stampa, che evoca la necessità di bloccare definitivamente ogni tentazione di ricorrere ai bavagli. Strano, invece, che nulla qui si dica proprio sulla “madre” di tutte le sconfitte, l’annosissima ferita del conflitto di interessi. Primo guaio da affrontare e risolvere. Immediatamente
E’ bizzarro che non si sia messo in capo a tutto, come criterio generale, quello della net neutrality, vale a dire l’apertura a tutti dell’intelligenza della rete. Il futuro (e il presente, ormai) dei saperi.
Per finire, la cosa più grave: l’eliminazione dei contributi pubblici per la stampa. Lo sapete, amici e compagni del Movimento, che non ne subirebbero le conseguenze le grandi testate (in cui correttamente non dovrebbero sedere banche o enti pubblici), bensì le cento testate locali, cooperative e non profit che sono il sale del pluralismo? Ci si rifletta seriamente.
Il governo dell’Italia, dopo il voto, non potrà non fare i conti sul serio con M5S e qui sta il “passaggio a nord-ovest”. Il confronto deve essere serio: né strumentale né elusivo. Vero e non farisaico.
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La «teatrocrazia» senza mediazioni
Povero Gramsci, che cosa penserebbe di fronte allo spettacolo offerto recentemente dal Pd? Non solo per l’assenza di idee e cultura, ma soprattutto per la totale incapacità di elaborare una politica che non rinneghi le novità comunicative e criteri di modernità fuori dalla «lotta di tutti contro tutti».