I barbari oltre il muro incubo degli intolleranti

by Sergio Segio | 27 Marzo 2013 8:39

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La paura, l’insicurezza, il rancore, il risentimento, la cattiveria, lo spirito offeso, la voglia di vendetta, il rifiuto dell’altro — il «diverso» — sembrano pesare sempre di più nella vita degli uomini del mondo globalizzato. La fraternità  si è incrinata, nonostante sia al posto d’onore nel primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. I concetti di libertà  e di uguaglianza, proclamati anch’essi fin dai tempi della Rivoluzione francese, resistono, almeno formalmente. L’articolo 3, forse il più importante, della nostra Costituzione, ribadisce la pari dignità  dei cittadini, uguali davanti alla legge «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Ma nella pratica quotidiana quella «dignità  sociale», voluta da tutte le parti politiche nel 1948, sembra spesso un’astrazione, un principio da riconquistare ogni giorno.
Sono questi tra i temi più rilevanti di una società  alla ricerca di certezze, trasformata dalle grandi migrazioni, dalla crisi economico-finanziaria che non risparmia nessuno, dagli assetti sociali stravolti, e anche dalla non elevata qualità  intellettuale della classe dirigente di oggi.
Prevale la paura di sé stessi e di tutto. Due criminologi, Adolfo Ceretti e Roberto Cornelli, professori all’università  statale di Milano-Bicocca, si sono addossati il greve compito di affrontare la crisi che stiamo attraversando dal punto di vista della criminalità , della società  e della visione politica. Ne hanno scritto in un libro appena uscito da Feltrinelli, Oltre la paura (pp. 256, 18): il loro è uno studio denso, ricco di sollecitazioni, di fatti, di interrogativi pressanti. Rispecchia l’attuale condizione di una comunità  in difficoltà , va alla ricerca, con spirito democratico, dei rimedi che potrebbero servire per uscire da una palude gelatinosa che inquina il mondo.
Il crimine è l’evento che forse più di tutti aiuta a penetrare nel mistero del cuore umano, lo testimoniano i classici, Delitto e castigo di Dostoevskij, per esempio. I due autori conoscono nel profondo i saperi della criminologia internazionale, ma hanno fatto per anni pratica anche sul campo. Ceretti è stato a lungo giudice del Tribunale dei minori milanese e ha firmato perizie di grande rilievo su atroci casi criminali, gli assassinii di Erika De Nardo a Novi Ligure, i delitti di Andrea Calderini e di Ruggero Jucker, di sanguinante violenza. Nella struttura del libro, di criminologia politica, si può dire, i due autori hanno fatto una scelta razionale identificando alcuni problemi che ritengono essenziali per una visione complessiva: la criminalità  e l’insicurezza del mondo di oggi; le violenze urbane, individuali e collettive; l’odio razziale; le forme di controllo e le mafie; il carcere e la salute mentale.
Ceretti e Cornelli partono generalmente da un fatto anche minuto, lo descrivono con nitidezza narrativa e partono di lì per le loro riflessioni, analisi, studi, ricerche, comparazioni. Il libro è un pentolone di carne al fuoco, fin troppa. Mette il dito sul panico che prende spesso per motivi veri, o per le più diverse suggestioni, ampi strati della popolazione. Spesso sono le classi dominanti a soffiare sul fuoco della paura per consolidare il loro consenso. C’è nel libro una citazione illuminante di Tzvetan Todorov: «La paura dei barbari è ciò che rischia di rendere barbari».
L’analisi prende dunque sempre l’avvio da un fatto, il particolare. Il litigio per un’auto parcheggiata illecitamente nel centro di Cremona che sfocia in un delitto. E sorprende che spesso siano persone normalissime i responsabili di azioni dissennate. Un tassista che investì un cane nel quartiere Antonini di Milano scatenò una selvaggia reazione, aggravata in questo caso da una catena di omertà .
Il libro è ricco degli eventi di un tempo buio. Le pagine sull’odio razziale fomentato in questi decenni dalla Lega, con leggi e ordinanze riconosciute poi incostituzionali dalla Suprema Corte, sono forse tra le più approfondite e convincenti. Quelle sui poteri criminali difettano invece di un’analisi sui cittadini che vivono, tra paura e ambiguità , nelle regioni mafiose.
È un mondo andato all’aria, il nostro. La persecuzione degli zingari — i nazisti li rinchiusero nei lager della morte — , la voglia di farsi giustizia da sé, una politica della sicurezza necessaria, ma che non può essere fondata soltanto sulla militarizzazione, sui sindaci sceriffi, sono tutti problemi analizzati con cura in Oltre la paura. Come il linciaggio di Rosarno del 2010 che dovrebbe seguitare a far riflettere in un Mezzogiorno senza pane e lavoro. La situazione delle carceri, poi, disumanità  e degrado inimmaginabili, messa duramente sotto accusa dall’autorità  europea.
Ma Ceretti e Cornelli non sono soltanto gli analisti di quel che nel nostro dolce Paese non funziona, vanno invece alla costante ricerca di soluzioni civili per tentare di risolvere problemi reali e situazioni spesso insostenibili. Le ultime pagine del libro raccontano quel che è riuscito a fare in un garage della Candelaria, uno dei quartieri poveri di Caracas, il maestro Josè Antonio Abreu che ha messo in mano uno strumento a ragazzi dipendenti dal crack, a bambine prostitute, a giovani appartenenti a pericolose gang e ha insegnato loro a far musica, con l’ammirazione di Sir Simon Rattle, direttore dei Berliner Philarmoniker. Da quel garage è nato El Sistema, 350.000 giovani, ragazzi, bambini che hanno creato 120 orchestre giovanili e un centinaio di orchestre infantili salvando tante vite dalla droga, dalla delinquenza, dalla galera.
Sarà  soltanto un test straordinario, quello di Caracas, ma fa capire come i problemi reali della sofferenza, della paura, della violenza, si possono risolvere non con la repressione o con la logica assistenziale, ma con le idee, l’azione, l’offerta di opportunità  di vita.

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