“I 5Stelle si battevano contro il Male ma oggi devono rinunciare alla purezza”

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ROMA — Era uno di quelli che aveva visto (e dichiarato) giusto. Carlo Freccero, direttore di Rai 4, ha perso la scommessa sull’exploit di Grillo solo con Celentano: «Adriano mi disse che il Cinque Stelle sarebbe stato il primo partito. Io pensavo il secondo…». Dice Freccero, che ha votato Ingroia alla Camera e Bersani al Senato: «Proprio per averne parlato bene prima ho il passaporto in regola per criticare Grillo adesso».
Da dove iniziamo Freccero?
«Dal paradosso in cui Grillo si trova. Pensi un po’: tutti pensano che ad essere in un cul de sac siano gli altri e invece è lui l’avviluppato».
Nel senso?
«Il programma del Cinque Stelle è sempre stato quello di fare le pulci agli altri. Adesso, dopo un’affermazione elettorale così, chi fa la parte del cane pulcioso? Grillo certamente no. Ma neanche Bersani ci sta a farsi massacrare ed è per questo che fin da subito ha bocciato un’alleanza Pd-Pdl che di fatto cancellerebbe dalla scena il Pd. Il paradosso è questo. Grillo ha stravinto, al di là  forse di quello che si aspettava. Ha voluto la bicicletta ma non può pedalare perché si autodenuncerebbe come appartenente a quella casta che ha combattuto».
E allora?
«La situazione è interessante. Se Grillo e i grillini si assumono delle responsabilità  entrano nell’impero del “male”, nella politica, e diventano potere. Se optano per la conservazione della purezza, non potranno più candidarsi in futuro con gli stessi presupposti e la stessa credibilità  perché la gente che li ha votati saprà  che non sono la soluzione del problema».
Mentre loro discutono su “essere o non essere” il Paese scivola ogni giorno di più.
«CinqueStelle non nasce per salvare l’Italia, è più interessato al dettaglio, ad entrare in conflitto con la politica, a moralizzare il Parlamento, a togliere ai potenti le auto blu, a risparmiare i milioni di euro mentre il Paese affonda in una crisi strutturale che si declina in miliardi. Grillo non riesce a staccarsi dal suo orizzonte che è quello de “La Casta”, il libro di Stella e Rizzo. Il suo obiettivo è lo spreco, non il sistema. E’ questo il suo limite».
Di qui il cul de sac.
«Mi viene in mente il paradosso del mentitore. Se dice: “Io mento” ha detto la verità  e dunque non è più mentitore. I grillini hanno promesso che apriranno il Parlamento come una scatola di tonno, che non si metteranno né a destra né a sinistra nell’emiciclo ma alle spalle degli altri per controllarli. Il fatto è che sono loro, in quanto vincitori, che devono sottoporsi al controllo. Per questo indietreggiano».
Nonostante gli anatemi del Capo dialogheranno con il Pd?
«Sono ottimista e penso che Grillo debba uscire dal paradosso. Bersani, dopo lo schiaffo che ha preso, dimostra di aver capito che deve dare identità  ad un partito che non converge più al Centro. Occorre un pensiero di sinistra. Basta con i Casini, i Gianni Letta, i Monti. Grillo ha cambiato l’agenda, ha scardinato il pensiero unico ed è questo che mi fa ben sperare».
Se il segretario Pd fallisce Renzi è dietro l’angolo.
«Non è un problema di nomi ma di linea. Il Renzi delle primarie oggi sarebbe inadeguato, non basta più. Leggetevi gli otto punti del Pd, le questioni messe al centro della politica».
Non è affatto detto che su quegli otto punti nascerà  un governo. E se si rivota?
«Se si rivotasse il Pd ha capito una cosa in più: che la fine del berlusconismo non coincide con l’epoca delle riforme alla Monti, che ci vuole un nuovo modello di equilibrio sociale ed economico».
Ma Grillo è all’altezza della sfida o preferisce continuare a cercare il cane pulcioso per usare la sua immagine?
«Non mi sembra all’altezza ma ci spero. Deve pedalare la bicicletta».


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