Grasso: no ai processi gogne pubbliche
ROMA — «Non consento che si faccia a pezzi la mia storia». Così il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha respinto ieri le accuse di Marco Travaglio di avere, da procuratore di Palermo, tenuto le indagini lontane dai rapporti mafia-politica e, successivamente, di essere stato favorito alla nomina di superprocuratore antimafia da tre leggi del governo Berlusconi che fecero fuori il suo avversario più quotato: Gian Carlo Caselli. «L’accusa che mi brucia di più è quella di essere considerato uno che fa inciuci col potere. E di aver ottenuto leggi in mio favore. Io non ho mai richiesto niente a nessuno e nessuno ha chiesto niente a me. Caselli se la deve prendere con i colleghi del Csm» ha spiegato Grasso. Dichiarando forte il suo «no» ai «processi che diventano delle gogne pubbliche. Ci sono stati molti processi spettacolari che hanno portato ad assoluzioni. Ma non faccio nomi, non sarebbe elegante…». E aggiungendo sulla trattativa Stato-mafia: «Sono convinto che occorre cercare la verità . La cosa peggiore è intuire cose che non si riescono a dimostrare. Forse ci sono cose ancora più gravi da scoprire che non una trattativa sul 41bis».
Un’autodifesa sul «ruolo istituzionale sporcato da Travaglio» compiuta in assenza dell’accusatore. Per la risposta all’editorialista di Servizio Pubblico, chiesta giovedì sera con una telefonata in diretta, Grasso infine ha optato per PiazzaPulita di Corrado Formigli (che ormai si dice «pronto a sfidare Travaglio in tribunale») dove il vicedirettore de Il Fatto quotidiano non c’era. «Non metterei mai il piede in quel programma per ragioni igieniche» aveva annunciato ieri respingendo l’ultimo invito di Formigli.
Intanto Grasso ha già risposto alle critiche. Da quella di non aver firmato il ricorso del processo Andreotti, lasciando soli i suoi aggiunti: «Ero stato testimone in quel processo. Sentito in istruttoria da Scarpinato. La mia firma sull’appello avrebbe impedito la testimonianza nel successivo grado di giudizio». All’aver sostituito Scarpinato, Lo Forte e Pignatone: «Una delibera del Csm lo imponeva dopo 8 anni. Ma loro continuavano a partecipare a tutte le riunioni». Alla gestione in esclusiva del pentito Giuffrè: «È orgoglio ferito. Dovevo tenere segreta la notizia. Giuffrè mi aveva detto che c’erano talpe. In più mi parlò di incontri con Provenzano e arrivammo per un pelo alla cattura. Dopo lo misi a disposizione».
Su Travaglio, che risponderà giovedì a Servizio Pubblico dove lo ha invitato a un faccia a faccia, Grasso ha concluso: «Le stesse cose le avrei potute dire in un colloquio sereno. Ma so già che giovedì mi crocifiggeranno».
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