by Sergio Segio | 4 Marzo 2013 14:37
ROMA – Spendono meno degli italiani in farmaci prescritti e incidono poco in termini di consumo di risorse sul Sistema sanitario nazionale: nel 2011 la spesa farmaceutica degli immigrati regolari in Italia è stata di 330 milioni di euro, pari al 2,6 per cento della spesa complessiva, tuttavia l’uso dei farmaci tra gli immigrati non è poi così distante da quello degli italiani. È quanto mette in evidenza il rapporto “Farmaci e immigrati”, presentato questo pomeriggio presso l’Istituto superiore di sanità a Roma e realizzato in collaborazione tra la Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie, Cineca, l’Istituto superiore di sanità , la Società italiana di medicina delle migrazioni e il Consorzio Mario Negri Sud.
La ricerca è stata condotta su una popolazione di oltre 710 mila immigrati regolarmente residenti in 32 Asl sparse in 7 regioni italiane (Umbria e le regioni rientranti nell’Osservatorio Arno-Cineca). Una popolazione pari al 16 per cento circa di quella immigrata presente in Italia, con un’età mediana di 33 anni e con il 53 per cento del campione costituito da donne. Nessun dato, invece, per quel che riguarda gli immigrati senza permesso di soggiorno. Dai dati emerge che il 52 per cento della popolazione immigrata ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel corso del 2011, contro il 59 per cento degli italiani. Per quanto riguarda la spesa farmaceutica pro capite a carico del Sistema sanitario nazionale nel corso dell’anno è stata in media di 72 euro per gli immigrati, contro i 97 euro per i cittadini italiani. Spesa pro capite che è circa il 25 per cento inferiore a quella degli italiani, ma che è in parte dovuta anche da un più importante utilizzo di prodotti “unbranded” da parte degli immigrati: sono oltre il 33 per cento del totale, rispetto al 24,4 per cento della popolazione italiana. Un dato, spiega la ricerca, che indica inoltre un differenziale di reddito fra la popolazione immigrata e italiana.
Dalla ricerca emerge come gli immigrati, nel periodo considerato, abbiano utilizzato maggiormente alcune tipologie di farmaci rispetto ai cittadini italiani, come gli antidiabetici, i farmaci gastroprotettivi, gli antinfiammatori e analgesici. In particolare, spiega la ricerca, “fra le sostanze più frequentemente prescritte nella popolazione immigrata rispetto a quella italiana ci sono due prodotti antianemici e una pillola contraccettiva”. Meno utilizzati dagli stranieri rispetto agli italiani, gli antidepressivi.
La ricerca, inoltre, ha messo in evidenza alcune difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari. Tra cinesi e kosovari sono stati riscontrati, infatti, minori livelli di utilizzatori di farmaci. Per entrambi i paesi di provenienza, solo il 36 per cento dei cittadini ha ricevuto una prescrizione nel corso del 2011. Difficoltà dovute principalmente ad “ostacoli linguistici o fattori socio-culturali”. Sovrapponibili con i dati della popolazione italiana, invece, le prevalenze di utilizzatori per quanto riguarda gli immigrati provenienti da Perù, Nigeria, Marocco, Bangladesh e Albania. “I risultati dello studio – ha spiegato Giuseppe Traversa, del Centro nazionale epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità – mostrano che il sistema sanitario è in grado di risedere ai bisogni di salute della popolazione immigrata. A parità di età e sesso, l’uso di farmaci nella popolazione immigrata è di poco inferiore a quello osservato nella popolazione italiana”. (ga)
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