Giù benzina e gasolio, carovita fermo all’1,7%

by Sergio Segio | 30 Marzo 2013 8:58

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ROMA — I prezzi al consumo si alzano, ma sempre meno: l’inflazione è ferma a +1,7% (rispetto a marzo dell’anno scorso), dall’1,9% di febbraio, il tasso più basso da novembre 2010, come rileva l’Istat che ieri ha pubblicato le stime di marzo 2013. L’aumento rispetto al mese scorso è dello 0,3%, l’inflazione acquisita per il 2013 a marzo risulta pari all’1%. «Un risparmio di 525 euro a famiglia», rispetto a quando l’inflazione correva sopra il 3%, sostiene il Codacons. «Carrello della spesa più povero, le famiglie avranno nel 2013 aggravi per 1490 euro», dicono invece Federconsumatori e Adusbef che preferiscono guardare ai prezzi dei beni più acquistati.
Frenate a cascata
I prezzi, dopo il rialzo dovuto all’aumento dell’Iva dal 20 al 21% del settembre 2011, avevano iniziato a raffreddarsi nell’autunno dell’anno scorso, passando dal 3,2% di settembre 2012 al 2,6% dell’ottobre successivo, senza poi interrompere più la discesa: 2,5 a novembre, 2,3 a dicembre, 2,2 a gennaio, 1,9 a febbraio, 1,7 oggi. Si tratta della sesta frenata consecutiva, che secondo l’Istituto nazionale di statistica è «principalmente imputabile alla frenata della crescita su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati, +0,2% dal +2,9% di febbraio».
Chi scende e chi sale
A frenare l’inflazione sono i carburanti, con i tassi più bassi dal 2009. A marzo il prezzo della benzina su base annua sale dell’1,1%, in decisa frenata rispetto a febbraio (+3,3%). In flessione anche i prezzi delle comunicazioni (-5,6%). In rialzo invece il capitolo «abitazione, acqua, elettricità  e combustibili», (+4,3%), istruzione (+2,9%), prodotti alimentari e bevande analcoliche (+2,5%), con picchi per la frutta fresca (+7,6%) e le uova (+6,2%).
Si risparmia oppure no?
Per il Codacons, su base annua passare dal 3,2 del settembre 2012 all’1,7 di oggi significa, per una famiglia di tre persone, un risparmio di 525 euro in termini di minor costo della vita. Rispetto al marzo 2012, quando l’inflazione era al 4,2%, il risparmio su base annua è di 874 euro. Di diversissima opinione Federconsumatori e Adusbef, che considerano i dati diffusi ieri «ancora fortemente sottostimati»: il tasso di inflazione per i prodotti a più alta frequenza d’acquisto, il cosiddetto carrello della spesa, è del resto al 2% secondo la stessa Istat, con un aggravio per ogni famiglia di 710 euro all’anno, stimano i consumatori. Una batosta a cui vanno aggiunti gli aumenti di tasse e tariffe, per un totale di 1490 euro a nucleo familiare, che diventano 3823 prendendo in considerazione il biennio 2012-2013. D’altra parte, per Federconsumatori la crescita dei prezzi è «ingiustificata» considerando che i consumi sono in calo, -6,1% nel 2012-2013: tutto ciò denoterebbe «inammissibili meccanismi speculativi» ma anche «il progressivo impoverimento delle famiglie che sono costrette a modificare le proprie abitudini, anche alimentari».
Meno carne e pesce
Una conferma di quest’ipotesi viene da Coldiretti, secondo cui il carrello della spesa è meno caro perché si svuota di prodotti base per l’alimentazione come la frutta (-4,2%), ortaggi (-3%), e carne, che registra un calo delle macellazioni del 7%. Minori anche gli acquisti per i prodotti tipici della Pasqua (-10%), per un totale di 1,1 miliardi in meno spesi per la tavola della festa. Lo stesso venerdì santo fa segnare un calo del 13% del numero di famiglie che rispettano la tradizione acquistando pesce fresco. Per la Cia (Confederazione italiana agricoltori) addirittura nell’ultimo anno è raddoppiata (dal 6,7% al 12,3%) la quota degli italiani che hanno dichiarato di non potersi più permettere di mangiare carne o pesce ogni due giorni. «I consumi sono sempre più in caduta libera», sintetizza Copagri. Un’analisi molto simile a quella di Confcommercio, che aggiunge: «In questo scenario la combinazione delle scadenze fiscali di inizio estate, articolate tra acconto Imu, aumento dell’Iva, e debutto della Tares, potrebbe ulteriormente rimandare la fine della caduta dei consumi».
«Rinvio dell’Iva»
Solo su un punto sono praticamente tutte d’accordo, le associazioni: sul rinvio dell’aumento dell’Iva, previsto per luglio, dal 21 al 22%. Un rialzo che determinerebbe, stima il Codacons, un aumento di inflazione dello 0,6%, mentre — secondo la Cia — costerebbe agli italiani quasi un miliardo in più solo per la tavola.

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