Fmi: finanza italiana resistente ma non immune dai rischi

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ROMA — Le banche italiane sono solide e al momento ben capitalizzate, ma non immuni da rischi. Tra questi la «persistente debolezza dell’economia reale e il legame fra il settore e il debito sovrano ». Nel giorno in cui il Tesoro piazza 8,5 miliardi di Bot semestrali con tassi in netto calo (0,831 da 1,237) e da Cipro le autorità  assicurano che l’isola non uscirà  dall’euro, il Fmi passa ai raggi x il sistema finanziario nazionale e avverte: far ripartire la crescita con riforme strutturali e con il rigore nei conti è «la precondizione per la stabilità  finanziaria». Nell’attesa però, secondo dei conteggi Ue, gli italiani sono tra i più colpiti dalla crisi: il 15% della popolazione (dati 2012) è in difficoltà  economica.
In un rapporto tutto tecnico, redatto al termine di una doppia missione in Italia, gli esperti del Fondo monetario internazionale spiegano che le banche hanno dimostrato di saper reagire di fronte a una recessione severa e prolungata nel paese e in presenza di una forte crisi in Europa. Aggiungono che il sistema, secondo i risultati degli stress test preliminari, è in grado di resistere sia in uno scenario con shock a ripetizione, sia in uno di perdurante crescita lenta, «grazie alla forte posizione di capitale delle banche e alla liquidità  della Bce». Il Fondo esprime apprezzamento per la «forte» supervisione della Vigilanza, un «fondamentale pilastro» della stabilità  del sistema. Suggerisce di affidare alla Banca d’Italia anche il cosiddetto potere di removal, ovvero quello di cacciare i manager incapaci, quando necessario. Si concentra sulle Fondazioni che hanno svolto un ruolo importante nel paese ma che necessitano ora di una «più stretta supervisione ».
Il rapporto del Fmi viene diffuso quando i mercati europei hanno già  archiviato un’altra seduta difficile per via della crisi di Cipro.
Le Borse Ue sono contrastate. Madrid va male, Atene crolla mentre Milano, alla fine, lascia sul campo lo 0,95%. Ma a Nicosia le banche continuano ad essere chiuse fino a giovedi; si dimette Artemis, il presidente della Bank of Cyprus; Fitch decreta il default tecnico per questo istituto e la Laiki bank, che verranno ristrutturati; gli studenti in migliaia sfilano davanti al Parlamento. E, non ultimo, il ministro delle finanze Sarris diffonde una stima da brivido: le perdite per i correntisti con depositi oltre i 100 mila euro potrebbero arrivare al 40%. Divampa anche la polemica contro il presidente dell’eurogruppo, l’olandese Dijsselbloem che aveva parlato di un «modello cipriota». La Bce lo bacchetta. «Ha sbagliato a dire quello che ha detto», puntualizza il membro francese dell’Eurotower, il governatore Coeurè. Cipro «non è un modello» perché la sua situazione «non è comparabile ad alcun paese euro». Analogo rimbrotto anche dalla Ue.
Il quadro generale di Eurolandia continua però ad essere grigio, se non buio. Standard&Poor’s pronostica un 2013 in recessione per l’intera Ue (meno 0,5 il Pil), con una ripresa media dello 0,8% nel 2014. Per l’Italia immagina un calo del Pil dell’1,4% quest’anno e un più 0,4 l’anno venturo. Nonostante le tensioni e nonostante l’incertezza politica interna, lo spread è sostanzialmente poco mosso e chiude in lieve calo, a 321,6 punti; il rendimento si attesta al 4,55%. Dalle tabelle di aggiornamento al Dep, emerge un dato nuovo che ben misura l’effetto-spread. Dice che il governo riduce di 5,3 miliardi la stima per la spesa di interessi: quest’anno è a quota 83,9 miliardi contro la precedente previsione di 89,2 miliardi. Risalirà  nel 2014 a 90,3 miliardi.


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