Europa unita ma non per i mutui in Italia i prestiti più costosi

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BOLOGNA – Le banche in Italia tengono i cordoni della borsa sempre più stretti e quando li allentano vogliono essere ben sicure di guadagnarci. Più che nel resto d’Europa. Stando agli ultimi dati della Banca centrale europea e della Banca d’Italia, i pochi fortunati che riescono a ottenere un mutuo trentennale di 100mila euro pagano mediamente una rata mensile di 515 euro (tasso del 4,64%), contro i 446 euro (tasso del 3,45%) di un francese, di un tedesco o di un qualsiasi altro cittadino dell’area euro. Calcolatrice alla mano, si tratta di 69 euro in più ogni mese e di 828 euro l’anno. Che in trent’anni diventano 24.840 euro, quasi un quarto dell’intera somma erogata.
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Tra i tassi applicati in Eurolandia e in Italia oggi c’è un differenziale di 119 punti, due anni fa era la metà  (66), un anno fa meno di un terzo. Eppure la base da cui partono è sempre la stessa, ossia l’Euribor per i tassi variabili e l’Eurirs per i fissi. Su cui poi si aggiunge lo spread, ossia il guadagno della banca. “Gli istituti finanziari italiani approfittano dei tassi bassi, ai minimi storici, per applicare spread altissimi, guadagnando così cifre esorbitanti sui mutui, come sui prestiti” spiega Elio Lannutti di Adusbef, l’associazione di consumatori che ha elaborato i dati dal 2010 a oggi. “Arrivano ad applicare ai mutui a tasso variabili spread dal 2,7 al 4,50%, per i fissi si arriva anche al 5%. Aggiungendoci i tassi Euribor o Eurirs, ecco che si raggiungono picchi del 4,50 per i variabili e del 6,8 per i fissi. Che si traduce in un vero e proprio salasso per i consumatori”.
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E la situazione non migliora con i prestiti. In Italia mediamente il tasso applicato per il credito al consumo è di 150 punti base più alto della media europea. Quindi su un prestito di 30mila euro a 10 anni un italiano paga 357 euro al mese di rata (tasso al 7,56%) mentre un europeo 334 (al tasso del 6,04%), ben 23 euro in più al mese, 276 euro in più all’anno, che diventano 2.760 euro alla fine dei 10 anni, quasi il 10% dell’intera cifra richiesta.

In pratica la politica europea di rilancio dei consumi, con il taglio continuo del costo del denaro, viene inficiata da una politica al limite della speculazione del sistema bancario italiano. Una politica che da una parte tende a favorire chi i soldi (e le garanzie) già  li ha e a scoraggiare chi non li ha dal chiederli. Un modus operandi che taglia fuori il Sistema Italia, come evidenziato anche dalle indagini della Commissione europea, dalla competizione dell’Europa a 27. C’è da chiedersi se a un certo punto le banche torneranno finalmente a fare il loro lavoro: prestare soldi a imprese e cittadini.


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Altro che fiscal compact e tagli al debito pubblico a colpi da 40 miliardi all’anno (se non ci fossero quei provvidenziali ammortizzatori dei cosiddetti «altri fattori rilevanti») e non certo per azzerarlo ma semplicemente per ridurlo in 20 anni a livelli più sostenibili e in linea con i parametri di Maastricht (60% del Pil contro doppio attuale). Quel fardello da ben oltre 1.800 miliardi, che tramortisce l’economia italiana dissanguando il futuro del paese e che erode come tutti gli altri debiti dell’area la stabilità  dell’euro, si potrebbe far sparire in poco più di 10 anni. Fanta-finanza? No.

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