Enzo Jannacci, l’ironia e il furore del chirurgo jazz

Loading

MILANO. Cabarettista, cantautore in milanese e italiano, attore (da La vita agra a La bellezza del somaro). Con uno stile surreale, frutto dello stress della metropoli ma lucidissimo. Come lucidamente — da dottore sapeva benissimo del male che lo aveva colpito — è morto ieri sera a 78 anni non ancora compiuti alla clinica Colombus di Milano.
«Ci ha lasciato un grande artista, un grande milanese — ha detto il sindaco, Giuliano Pisapia — Ha raccontato la Milano più vera». Non solo della città : Jannacci Vincenzo detto Enzo è stato una figura fondamentale per il mondo dello spettacolo italiano. Basta un elenco forzatamente incompleto dei personaggi con cui ha collaborato: Dario Fo e Giorgio Gaber, l’amico Beppe Viola (con cui ha scritto pezzi fondamentali come Quelli che… e Vincenzina e la fabbrica e il libro L’incompiuter), Cochi e Renato, Celentano, Luigi Tenco, Chet Baker, Mina, Paolo Conte. Negli anni Sessanta e Settanta le sue canzoni hanno simboleggiato il cambio di un’epoca in una città  che non sapeva più amare (El purtava i scarp del tenis, sulla morte di un clochard, Ti te sé no, sulle povertà  che resistevano anche durante il Boom), una città  che si ribellava (Vengo anch’io no tu no). Jannacci sapeva coniare folgoranti slogan come Ci vuole orecchio e L’importante è esagerare.
Di origine pugliese (il nonno veniva da Bari), Jannacci era figlio di un pilota che fece la Resistenza e a cui dedicò Come gli aeroplani. Studente di Medicina, lavorò anche nell’equipe di Christiaan Barnard, ma poi scelse l’attività  di medico di base. Il primo giorno del suo pensionamento (obbligato per legge) fu il 1° gennaio 2003, il momento in cui morì il suo fratello ideale, Giorgio Gaber. Con lui aveva mosso i primi passi lavorando nei locali che a fine anni ‘50 facevano scoprire a Milano il jazz, come il Santa Tecla. Loro, Celentano e Tenco, come Rock Boys vinsero nel 1957 il «Festival italiano di rock and roll» spopolando
con Ciao ti dirò. Nel 1958 con l’amico mise insieme “I due corsari”, lasciandosi andare a rock demenziali come Una fetta di limone, Tintarella di luna e Birra. Uno stile surreale che si ritrova nel suo debutto da solista, L’ombrello di mio fratello e Il cane con i capelli. Poi il teatro, con lo spettacolo Milanin milanon, con Tino Carraro e Milly, grazie al quale inizia uno stile di scrittura unico: i bozzetti di emarginati, sognatori romantici e imbranati che spesso facevano una brutta fine. Ovvero capolavori come Andava a Rogoredo, Bobo Merenda, El portava i scarp del tenis, Prendeva il treno, Aveva un taxi nero, Giovanni telegrafista, fino al Gruista. La svolta vera è nel 1963, quando entra per la prima volta al Derby, tempio del cabaret musicale. Lì incontrerà , o porterà , una generazione di comici inarrivabili: Dario Fo, Cochi e Renato, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Diego Abatantuono, Lino Toffolo, Felice Andreasi. Gente che come lui basava il suo sense of humour sull’improvvisazione. Il successo fu clamoroso.
Da metà  anni Sessanta in poi scrive Veronica (col testo del romano Sandro Ciotti), Sfiorisci bel fiore (reinterpretato poi da Mina e De Gregori), La mia morosa la va alla fonte (che Fabrizio De André userà  in Via del Campo), Sei minuti all’alba (dedicata alla Resistenza). Fino a Vengo anch’io. No tu no e Ho visto un re, scritte con Fiorenzo Fiorentini e Dario Fo.
Negli anni Settanta si dedica molto alla tv, Il poeta e il contadino, Saltimbanchi si muore, e al cinema Romanzo popolare, Pasqualino sette bellezze. Senza trascurare la musica: Quelli che…, Vincenzina e la fabbrica e El me indiriss con Viola. Negli anni Ottanta inizia a diradare le presenze, debuttando però a Sanremo con Se me lo dicevi prima. I primi problemi di salute, negli anni Novanta, non gli impediscono altre sanremate come La fotografia, I soliti accordi e Quando un musicista ride. Fino al Duemila, che lo vede a lungo senza casa discografica, fino a che pubblica Come gli aeroplani e L’uomo a metà . Negli ultimi anni si dedica a rivedere spesso in chiave jazz i proprio capolavori. L’ultima volta in tv a dicembre 2011 in uno spettacolo di Fabio Fazio a lui dedicato. L’ultima apparizione dal vivo lo scorso anno, a una mostra di disegni di Dario Fo, improvvisando un’esecuzione straziante di El purtava i scarp del tenis. Era l’ultimo canto di un uomo che stava morendo.


Related Articles

La libera voce di Cassandra

Loading

ADDIO A CHRISTA WOLF Se n’è andata ieri a 82 anni la scrittrice tedesca, molto amata dalle generazioni del pacifismo e del femminismo. Attraverso le sue celebri figure di donne, seppe dare vita ai desideri e alle passioni dentro un mondo, come quello della Germania dell’Est, sprovvisto di fantasia e popolato di «uomini dei fatti»

«Addio ad Havel aspettando la verità »

Loading

PRAGA • OGGI I FUNERALI DELL’EX DISSIDENTE E PRESIDENTE VACLAV HAVEL, PRESENTI TUTTI I LEADER DEL MONDO. PETR UHL, EX PORTAVOCE DI CHARTA 77, AL MANIFESTO: «ERA CULTURALMENTE DI SINISTRA, MA POLITICAMENTE NO»

MARCELLO CINI Un ottimo cattivo maestro

Loading

Fisico di fama internazionale, militante del Pci, è stato tra i fondatori del manifesto. La sua morte è una perdita di tutto il pensiero critico. Ispiratore della non neutralità  della scienza, ha unito il rigore analitico a una curiosità  che lo ha portato a confrontarsi con Gregory Bateson e a diventare uno dei maggiori esponenti dell’«ambientalismo scientifico». Giovedì alle 14, il funerale a Roma nel cimitero degli inglesi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment