Egitto. Tutti sindacalizzati e senza una meta

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I vecchi sindacalisti sono stati sostituiti da candidati che si sono posizionati al secondo posto nelle elezioni sindacali del 2006 – considerati diffusamente dei corrotti.
Il decreto ha anche autorizzato il ministro del Lavoro Khaled al-Azhari del partito dei Fratelli musulmani, Libertà  e giustizia, di nominare nuovi membri del sindacato nei casi in cui nessuno si fosse classificato secondo. (…) Quindi, 150 Fratelli musulmani sono stati nominati nei 24 sindacati che compongono l’Etuf, mentre 14 dei 24 membri del comitato esecutivo saranno licenziati. (…) Solo tre difensori dei movimenti sindacali indipendenti restano nel comitato esecutivo.
Il decreto 97 ha prorogato la scadenza dei membri dell’Etuf per sei mesi o fino alle prossime elezioni sindacali. I Fratelli musulmani e la vecchia guardia dell’Etuf supervisioneranno queste elezioni e potrebbero confermare il loro controllo congiunto sull’organizzazione. Questo è esemplare della pratica politica dei Fratelli musulmani. Anzicché riformare le istituzioni e i centri di potere del regime di Mubarak, tentano di estendere il loro controllo su di esse. Ma come in altre sfere, non hanno un programma concreto o un personale abbastanza preparato da gestire l’Etuf. Perciò, stanno dividendo il controllo dell’organizzazione con figure vicine a Mubarak. Il loro interesse comune è prima di tutto burocratico – mantenere i loro posti. La Fratellanza cerca anche di limitare il sindacalismo indipendente, perché costituisce un’opposizione potenziale alla sua ideologia di mercato.
Nonostante ciò un migliaio di nuovi sindacati indipendenti sono stati fondati sin dalle rivolte del 25 gennaio 2011. Molti sono confluiti in una delle due federazioni sindacali – la Federazione egiziana dei sindacati indipendenti e il Congresso egiziano democratico del lavoro. Le federazioni e molti dei loro sindacati sono deboli in finanziamenti e capacità  organizzative – in parte perché l’Egitto non ha avuto esperienza sufficiente con il sindacalismo democratico tra gli anni cinquanta e duemila. Tuttavia, l’esistenza di queste federazioni e le battaglie di alto profilo di molti dei loro esponenti – lavoratori dei bus e delle metro del Cairo, insegnanti, operai del ferro, dell’alluminio e delle ceramiche, lavoratori del porto di Ayn Sokhna – hanno messo al centro dell’agenda politica le richieste per sindacati democratici, libertà  di associazione dei lavoratori e il diritto alla negoziazione collettiva dei salari.
Il sindacalismo indipendente si oppone duramente al decreto 97. Il 28 novembre scorso, il Centro dei sindacati e dei lavoratori ha tenuto una conferenza con lo slogan «no al monopolio dei Fratelli musulmani». Il suo coordinatore generale Kamal Abbas si è rivolto al rassembramento ed ha detto: «Rifiutiamo la legge di Morsi perché le leggi organizzative permettono solo ai corrotti di prendere il loro posto». Nelle settimane tra i due turni del referendum sulla Costituzione tre grandi gruppi, strategici di operai hanno scioperato. Due di loro hanno subito ottenuto le loro richieste. Una è la compagnia orientale del Tabacco di Giza, che detiene il monopolio nella produzione di sigarette, i suoi 13 mila lavoratori si sono assicurati il ripristino degli incentivi alla produzione, che erano stati tagliati perché l’azienda aveva ridotto i suoi profitti per aver anticipato le nuove tasse sulle sigarette. Allo stesso modo, otto mila lavoratori dell’azienda pubblica egiziana dell’alluminio di Nag Hammadi si sono assicurati il ripristino della divisione dei dividendi che erano stati ampiamente tagliati.
(…) Nell’arena del sindacalismo e dei rapporti di produzione il futuro dell’Egitto è incerto. Gli operai fanno parte di un gruppo che ha per la maggior parte, certamente non all’unanimità , rifiutato la nuova Costituzione. I lavoratori non sono stati un fattore determinante dell’arena politica dell’era post-Mubarak. Alcuni esponenti del Fronte nazionale di salvezza, formatosi per opporsi alla costituzione, dicono di rappresentare gli interessi dei lavoratori. Ma i loro leader hanno fatto poco per costruire un sostegno dal basso tra i lavoratori. Molti esponenti del Fns sperano che il fronte contesterà  le prossime elezioni parlamentari come un blocco unito. In questo caso, il futuro dell’Egitto si svolgerà  nel Parlamento, nelle strade e nei posti di lavoro. Se non accadrà , le proteste nelle strade e nei posti di lavoro continueranno così come è accaduto negli ultimi due anni.
*(tratto da carnagie, traduzione di Giuseppe Acconcia)


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