E Terzi finisce «processato» «Gravi carenze informative»

by Sergio Segio | 22 Marzo 2013 8:49

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Riemergono incomprensioni finora rimaste sotto traccia. Una fortissima irritazione del presidente del Consiglio, in qualche modo è sovrapponibile a quella dello stesso Napolitano: il premier e il capo dello Stato «non erano debitamente informati» sulla vicenda.
«Per usare un eufemismo», continuano a Palazzo Chigi, «ci sono state gravi carenze informative, un’accelerazione mediatica ingiustificata da parte della Farnesina, si è dato per scontato che l’India non avrebbe escluso la pena di morte, cosa che invece è poi avvenuta».
Dirlo in modo più chiaro, senza il linguaggio della diplomazia, significa aggiungere che la decisione di trattenere i due marò in Italia non è stata presa in sostanza in un clima di piena condivisione: «Palazzo Chigi e Quirinale non sono stati coinvolti in modo adeguato nella decisione, non almeno al livello che sarebbe stato naturale per una decisione di questo tipo, e questo secondo concetto si aggiunge per carità  di patria».
La riunione è in qualche modo «un processo» al ministro degli Esteri, presunto colpevole di «una fuga mediatica in avanti»: gli si contesta di aver commesso errori di metodo, non solo sostanziali. Non aver coinvolto tutto il governo, in modo collegiale. Non aver ritenuto necessario un atto formale dell’Italia, al più alto livello, «o con un provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri o con uno del Consiglio supremo di difesa», organismo che mette intorno a un tavolo, per le questioni strategiche, sia il capo dello Stato, che il governo e le Forze armate. Aver deciso in fretta, senza attendere le risposte necessarie che dovevano ancora arrivare dall’India, senza consultarsi in modo adeguato con il presidente del Consiglio e la prima carica dello Stato, dando per scontato quello che scontato non era.
L’irritazione verso la Farnesina è cresciuta negli ultimi giorni in modo direttamente proporzionale alle reazioni di New Delhi: si è capito in sostanza che la decisione di trattenere i marò era evitabile, e che la brutta figura di una marcia indietro era comunque una decisione migliore delle conseguenze (commerciali, industriali e politiche) che la guerra diplomatica con gli indiani stava generando.
Nel corso della riunione dell’organismo che stabilisce un raccordo periodico fra l’esecutivo e il coordinamento dei servizi segreti, emerge che per una decisione così delicata per le sue implicazioni diplomatiche, commerciali e politiche, c’è stato un «grave gap» di informazioni fra le principali cariche dello Stato.
Forse anche il voto, il clima e la campagna elettorale, hanno contribuito a produrre il cortocircuito istituzionale, che oggi costringe il governo ad una brutta figura, per correggerne una precedente: un pasticcio, di cui nelle stanze di Palazzo Chigi si parla con imbarazzo.
Il ripensamento del governo diventa addirittura «segreto di Stato» per alcune ore, almeno sino a quando il governo non deciderà  di comunicarla. E anche nella modalità  della comunicazione, c’è il segno della correzione di rotta: non è la Farnesina a rimangiarsi la decisione, è Palazzo Chigi a dire che la decisione è revocata.
Marco Galluzzo

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