by Sergio Segio | 10 Marzo 2013 8:27
MILANO — Occhiali scuri per ripararsi dalla luce troppo fastidiosa per via dell’infiammazione agli occhi, barba non fatta, pantaloni blu simil tuta da ginnastica, polo e maglione in tinta. Silvio Berlusconi, 76 anni che ora non sono nascosti dal fondotinta della tv, si abbandona a uno sfogo dopo aver saputo che, per il tribunale, il suo ricovero al San Raffaele non è più sufficiente per bloccare l’ennesima udienza processuale (venerdì quella del Rubygate, ieri quella per frode fiscale sui diritti Mediaset): «Vogliono farmi finire come Craxi».
Sono le tre del pomeriggio. Dopo una notte nel reparto di Oculistica, l’ex premier sta per essere trasferito nel settore Q dedicato ai pazienti che pagano. Di passaggio nel corridoio, si avvicinano per salutarlo le infermiere. Lui è cortese, anche se evidentemente provato. È proprio in questo momento che Berlusconi si immagina come il leader socialista Bettino Craxi, finito latitante ad Hammamet dopo essere stato condannato nell’inchiesta Mani Pulite: «Vogliono farmi scappare». Poche parole in cui passato e presente si intrecciano. Suggestioni. Tra vicende giudiziarie, amicizie di una vita e cure ospedaliere. Al San Raffaele, tra i migliori ospedali d’Italia, è da sempre di casa (il suo medico di fiducia, tra l’altro, è proprio il primario di Anestesia e rianimazione, Alberto Zangrillo). E qui, ai tempi di don Luigi Verzé, si curava anche Craxi. Così, quando il 26 ottobre del ’99 arriva la notizia che il leader socialista sta male, il prete manager prende carta e penna per rivolgersi al procuratore capo di Milano, Francesco Saverio Borrelli, diventato procuratore generale. «Il presidente Craxi non sta bene, anzi sta piuttosto male. È da tempo, nella mia ignoranza, che avrei voluto chiederle quali, in termini di sua sicurezza personale, potrebbero essere le condizioni per portarlo al San Raffaele di Milano o di Roma — scrive don Verzé —. So di affidare questa mia domanda, impostami dal mio senso umano, al cuore di una personalità della quale ho profonda fiducia. Sono a sua disposizione, solo occorre fare molto presto (seguono le condizioni cliniche elaborate dal medico curante di Craxi, Ornella Melogli sempre del San Raffaele)». Il racconto, riportato nel libro Pelle per pelle scritto con il giornalista Giorgio Gandola, fa emergere due concetti che — seppur in un contesto completamente diverso — riannodano i fili della storia: l’umanità e la volontà di prendersi cura di chi è malato, indipendentemente dai problemi giudiziari. Sono le giustificazioni alle quali s’aggrappano anche ora i medici che assistono Berlusconi e che hanno inviato i certificati in tribunale: «Io resto convinto dell’opportunità del ricovero e avrei agito in questo modo con qualunque paziente — spiega in conferenza stampa il primario di Oculistica, Francesco Bandello —. Se poi il magistrato ritenga o meno questa situazione clinica sufficiente a giustificare che l’ex premier non si presenti in un’aula di tribunale, non è cosa che mi compete». Alberto Zangrillo aggiunge: «Tutti i pazienti sono trasportabili, anche quelli in coma. È una questione di buon senso e di umanità ».
Berlusconi rimarrà al San Raffaele, con ogni probabilità , fino a domani. L’ora non è dato saperla: e non è certa neppure la sua presenza in aula, dov’è prevista la fine della requisitoria (slittata venerdì) del pm Ilda Boccassini nel processo Ruby. «Mi perseguitano dal ’94 — ripete Berlusconi nel suo sfogo con le infermiere —. Ho dovuto spendere 400 mila euro in avvocati». Non mancano parole dure rivolte al leader del Movimento 5 stelle: «Grillo è cattivo e non ha il senso dell’amicizia — attacca Berlusconi —. Mi studierò i suoi discorsi perché sono come quelli di Hitler».
Il tempo delle chiacchiere è finito, i medici invitano Berlusconi a riposare. «Abbiamo vissuto la vicenda con un po’ di disagio perché non siamo abituati a dare giustificazioni del nostro operato — ammette Zangrillo —. Comunque, alla fine, l’oculista Pasquale Troiano e il medico legale Carlo Goj, inviati dal tribunale, hanno tratto le nostre stesse conclusioni scientifiche. Questo fa ovviamente piacere: nessuno potrà dirci che teniamo in ospedale Berlusconi per bloccare il processo».
È ormai sera quando passa a salutare il padre Marina Berlusconi.
Simona Ravizza
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