E i giovani «lasciano» il Pd: solo il 26% dei voti

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Sono questi i dati principali forniti dall’analisi sociologica del voto elaborata dall’Istituto di ricerca Tecnè, che ha suddiviso il voto per classi di età  e per condizione occupazionale degli elettori, mostrando quanto profonda sia la frattura generazionale emersa da queste elezioni. Una frattura che divide nettamente gli elettori con un futuro se non certo quantomeno stabile (lavoratori dipendenti, pensionati) dagli elettori a cui il futuro è stato sottratto (studenti, disoccupati): i primi hanno espresso la loro preferenza per i partiti classici (Pd e Pdl), mentre i secondi hanno votato in massa il Movimento 5 Stelle, come dimostra il 54,8% fatto registrare da Grillo tra gli studenti ed il 41,1% tra i disoccupati.
Secondo Carlo Buttaroni, direttore di Tecnè, le analisi e i sondaggi svolti prima del voto non sono stati in grado di prevedere questo risultato proprio a causa della sua unicità , a causa degli strumenti vecchi sui quali si basavano. Può comunque moderatamente sorridere il Partito democratico, il cui elettorato proviene da una fetta trasversale della popolazione, stabile attorno al 30% degli elettori con più di trent’anni e omogenea per occupazione. Un campanello d’allarme è il preoccupante cedimento nella fascia più giovane (solo un 26,3% tra chi ha meno di trent’anni, contro il 37,9% del M5S) e soprattutto tra gli studenti, dove un 22,1% non può essere considerato un risultato soddisfacente.
Chi invece trova nelle urne voti sempre più datati è il centrodestra, che raccoglie un misero 11,8% tra gli studenti contro un 37,4% tra i pensionati (e una percentuale praticamente uguale tra gli elettori ultra sessantenni), con percentuali che migliorano con l’aumentare dell’età  degli elettori.


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