Due partiti per un solo papa
Questo pomeriggio le porte della Cappella sistina si chiuderanno in mondovisione e inizierà il conclave per l’elezione del successore di papa Ratzinger, un mese dopo l’annuncio delle sue dimissioni, l’11 febbraio. La prima «fumata» arriverà intorno alle 20, ma sarà nera, come prevede anche padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana. Il primo scrutino è infatti «di studio», serve per vedere chi sono realmente i candidati in campo e qual è la loro consistenza numerica. E quest’anno, a differenza del conclave precedente – che elesse Ratzinger a tempo di record -, la situazione è più incerta. «Manca un Ratzinger», ovvero un candidato nettamente più forte degli altri», ripetono tanti cardinali. «Dovremo aspettare almeno i risultati del primo turno», aggiunge il francese Barbarin. E un altro francese, il cardinale di Parigi Vingt-Trois, parla di «una mezza dozzina di candidati» in pista.
Lo schema è chiaro. Due partiti, entrambi conservatori sulle questioni dottrinali e teologiche ed entrambi arroccati in difesa dei principi non negoziabili, ma divisi sulle «riforme istituzionali»: quello dei «pastori», i cardinali vescovi di diocesi che chiedono una riforma della Curia romana e una maggiore collegialità e trasparenza nella Chiesa; e il partito «romano», quello dei curiali, guidato da Bertone e Sodano, di nuovo alleati in nome del centralismo romano e del mantenimento dello status quo. L’arcivescovo di Milano Scola è il candidato dei primi, sostenuto a distanza anche da Ratzinger; il brasiliano Scherer quello dei curiali. Ma nessuno con una maggioranza netta. Ci sono poi altri 3-4 candidati in seconda fila. In caso di stallo prolungato – per eleggere il papa ci vuole un quorum dei due terzi, ovvero 77 voti su 115 -, potrebbe emergere una delle seconde linee, oppure un outsider, come accadde con Wojtyla nel ’78, che si inserì nello scontro fra conservatori e progressisti. Questa sera le posizioni saranno più chiare, perlomeno in conclave, perché all’esterno non dovrebbe trapelare nulla: tutti, cardinali e personale laico, hanno giurato assoluta riservatezza. E da domani 4 scrutini al giorno – due al mattino e due nel pomeriggio -, fino all’Habemus papam.
Ieri intanto si è svolta l’ultima congregazione generale, durante la quale il cardinal Bertone, presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior, ha parlato della banca vaticana, da mesi nell’occhio del ciclone per sospetta violazione della normativa antiriciclaggio, per cui è ancora indagato l’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi. Ma anche del rapporto Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta la conformità degli Stati alla normativa internazionale antiriciclaggio e che blocca ancora l’ingresso del Vaticano nella white list dei Paesi virtuosi. Un tentativo, quello di Bertone, di rintuzzare le dure critiche sulla gestione opaca della Segreteria di Stato e dello Ior che sabato scorso, nella penultima congregazione generale, ha esternato il cardinale brasiliano Braz de Aviz, strappando, pare, gli applausi di diversi cardinali. Padre Lombardi minimizza – lo Ior non ha rappresentato il «punto principale per avere criteri su come scegliere il nuovo papa» -, ma le questioni economiche avranno un peso non indifferente in conclave. Penalizzando il blocco curiale, che però può contare su almeno 30 voti di partenza. E quello della collegialità e della trasparenza è il tema di un nuovo appello rivolto ai cardinali da una serie di realtà cattoliche di base (le riviste Adista e Missione Oggi, Noi Siamo Chiesa, le Comunità di base, gli omosessuali credenti di Nuova Proposta e altre): «Il conclave affidi al futuro papa il mandato di un radicale rinnovamento della gestione del governo centrale della Chiesa ispirato al Concilio Vaticano II».
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I PAPABILI
SCHERER
Un brasiliano
trasversale Odilo Pedro Scherer (1949), brasiliano di origine tedesca, è il candidato del partito «romano». Conservatore, ostile alla teologia della liberazione: straordinaria – dice – purché amputata dei contenuti sociali e politici. Un modo soft per svuotarla. Vescovo di San Paolo dal 2002, ma assiduo fequentatore della curia romana: prima alla Congregazione dei vescovi insieme al sodaniano card. Re. E poi nelle finanze: fa parte del Consiglio per i problemi economici della Santa Sede e della Commissione di vigilanza dello Ior. Sodano e Bertone lo hanno scelto perché il suo profilo misto di pastore curiale potrebbe attirare voti trasversali. DOLAN L’americano
conservatore Timothy Dolan (1950), statunitense, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa. Tranne una parentesi romana (rettore del collegio nordamericano e docente di Storia della Chiesa alla Gregoriana), la sua esperienza è interamente pastorale, nelle parrocchie e nei seminari Usa. Nel 2002 Wojtyla lo nomina arcivescovo di Milwaukee, nel 2009 Ratzinger lo promuove a New York. Brillante comunicatore, fautore di una riforma della curia romana in direzione di maggiore trasparenza, ma nettamente conservatore su temi politico-sociali: oppositore della riforma sanitaria di Obama, strenuo difensore dei principi non negoziabili. OUELLET
Ratzingeriano
canadese
Marc Ouellet (1944), canadese di Québec, di cui è stato arcivescovo dal 2002 al 2010. Ha alternato l’insegnamento nelle università pontificie e la direzione dei seminari del suo ordine, la Compagnia dei sacerdoti di san Sulpizio. Ma ha anche una lunga esperienza nella curia romana, alla Congregazione per la dottrina della fede guidata da Ratzinger, che poi, nel 2010, lo ha nominato prefetto della Congregazione per i Vescovi. Conservatore, strenuo difensore della fede cattolica e dei principi non negoziabili, individua il relativismo, la secolarizzazione e il femminismo come i principali nemici dell’uomo. Un ratzingeriano di ferro.
SCHà–NBORN
Lotta alla pedofilia
la marca dell’austriaco Christoph Schà¶nborn (1945), austriaco (anche se è nato in Boemia), domenicano, teologo di valore internazionale, arcivescovo di Vienna. Allievo di Ratzinger a Ratisbona, è legato al papa emerito da 40 anni. Con lui – insieme anche a Scola e a Ouellet – ha condiviso anche l’esperienza di Communio, la rivista teologica internazionale conservatrice contrapposta alla progressista Concilium, sebbene nel corso degli anni Schà¶nborn abbia ammorbidito le sue posizioni spostandosi su un fronte più moderato. Paladino della lotta alla pedofilia: arrivò a Vienna nel 1995 per sostituire il vescovo pedofilo Groà«r che chiese invano a Sodano di processare. INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE
Le due fazioni imprevedibili
che non seguono la geografia Da una parte i cardinali che lavorano in Vaticano (i cosiddetti curiali), dall’altra i «Riformatori», coloro che vorrebbero nel nuovo Papa una figura in grado di contrastare «la corruzione del Vaticano, l’inefficienza e l’apparente riluttanza nel condividere potere e informazioni con i vescovi del resto del mondo», l’analisi pre-Conclave dell’«International Herald Tribune» descrive due fazioni molto più imprevedibili rispetto a quelle dell’ultimo, anche perché non sono distinguibili per linee geografiche. Ad esempio, il fatto che i vertici della curia (da Bertone a Sodano) sostengano il brasiliano Scherer è considerato «sorprendentemente contro-intuitivo», così come l’appoggio di almeno alcuni dei «Riformatori» per un candidato italiano, cioè l’Arcivescovo di Milano Angelo Scola. Il cardinale Scherer è di origini tedesche, ma il suo passaporto brasiliano darebbe alla Chiesa il suo primo Papa dell’America Latina, dove vive circa il 40% dei cattolici. SCOLA L’arcivescovo
di Milano il favorito Angelo Scola (1941), arcivescovo di Milano, entra in Conclave da favorito, benché non abbia una maggioranza schiacciante. È il candidato del partito dei «pastori», i cardinali vescovi diocesani che si oppongono al partito «romano» dei curiali. Discepolo di don Giussani, benché il loro rapporto non sia stato sempre idilliaco, è stato per anni organico a Comunione e Liberazione. Se ne distanzia solo ultimamente – mantenendo però salda l’idea dell’interventismo cattolico nella società e nella politica -, preoccupato che l’eccessiva identificazione con il movimento potesse nuocergli, magari pensando già al conclave. Vescovo dal 1991 (a Grosseto), nel 2002 Wojtyla lo nomina patriarca di Venezia e subito dopo cardinale. Ottime relazioni internazionali, soprattutto con il mondo orientale, nel 2011 Benedetto XVI lo promuove arcivescovo di Milano: una sorta di investitura per quello che è anche il candidato di Ratzinger.
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