Disoccupazione record, il Pil giù del 2,4% Effetto Monti-bond, il deficit a 12,5 miliardi
ROMA — Il venerdì nero dell’economia italiana post elezioni vede un Pil 2012 crollare a meno 2,4%, pressione fiscale e disoccupazione record e ai massimi degli ultimi vent’anni. Un debito pubblico che continua a volare arrivando al 127% del Pil e il dramma di 3 milioni di persone in cerca di un lavoro che non trovano, con la disoccupazione giovanile che ha toccato a gennaio addirittura il 38,7%. Consumi a terra con un forte calo del 4,3% per le famiglie e picco senza precedenti al 44% della pressione tributaria. Questo il quadro dipinto ieri dall’Istat nel fornire le prime stime ufficiali dell’anno scorso. Senza contare tutte le Borse in ribasso con Milano maglia nera a -1,86% e uno spread sui bund tedeschi in peggioramento sopra la soglia di 340 punti base assottigliando sempre di più la differenza con la Spagna. Gli unici dati positivi riguardano l’avanzo primario che è raddoppiato portandosi al 2,5%, le esportazioni che nonostante tutto sono aumentate del 3% e un deficit dei conti pubblici diminuito dal 3,8 al 3%. Un successo parziale: il governo aveva stimato un dato più positivo, il 2,6%, che non si è verificato. Un 3% sufficiente comunque per non far scattare le procedure di infrazione europee. Segnali da interpretare per il fabbisogno di febbraio: è peggiorato a 12,5 miliardi rispetto agli 8 del febbraio 2011 ma, se depurato di alcune operazioni una tantum (come i 4 miliardi per il Monte Paschi), migliora di 1,5 miliardi.
Il tasso di disoccupazione in Italia è salito a gennaio all’11,7%. Elevato ma in linea con quanto avviene nel resto d’Europa che a gennaio ha toccato l’11,9%. Non così per la crescita: negli Usa il Pil 2012 è aumentato del 2,2%, in Giappone dell’1,9%, in Germania dello 0,7%, in Gran Bretagna dello 0,2%. L’economia tedesca continua ad essere un’anomalia in una stanca Europa che arranca: il suo tasso di disoccupazione del 5,3% è meno della metà della media europea, e ieri i dati dei consumi hanno fatto registrare un aumento oltre le attese (1%) a quota 2,4% su base annua e del 3,1% su quella mensile. Per Berlino è il migliore degli ultimi sei anni. Un dato in miglioramento per l’Italia è l’inflazione che a febbraio scende a 1,9%. Ma è un falso buon segnale, anzi è il sintomo di un Paese in decrescita.
In questa visione sconfortante che certifica l’avvitamento della nostra economia — e forse dovrebbe stimolare una riflessione sulla politica del rigore — l’incertezza sulla governabilità del nostro Paese diventa un fattore decisivo. Il blocco dell’attività legislativa, per esempio, certo non favorisce il sostegno all’unico fattore che funziona e che crea ricchezza: le esportazioni legate al manifatturiero e ad alcuni servizi high-tech. Come conferma Loredana Federico, economista di Unicredit, «l’unico contributo positivo è arrivato dal canale estero contraltare della persistente debolezza interna». Nella prima fotografia dell’economia 2012 fatta dall’Istat, i suoi economisti mostrano preoccupazione. «I dati erano in parte attesi ma si sono confermati nella fascia alta — spiega Gian Paolo Oneto che per l’Istituto segue la contabilità nazionale — quello drammatico riguarda la disoccupazione che va oltre la caduta dell’occupazione».
I politici si accusano a vicenda di responsabilità incrociate e tutti invocano la formazione al più presto di un governo in grado di fare riforme. Molto negative le osservazioni degli uffici studi di Confcommercio e Confesercenti. Per l’associazione di piazza Belli «con questi dati sulla disoccupazione la luce in fondo al tunnel per la fine del 2013 diventa un miraggio». Per la Confesercenti «forte il rischio deriva con un prelievo fiscale che crescerà di altri 34 miliardi».
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