Debito oltre quota duemila miliardi Il conto (salato) del fondo salva Stati

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ROMA — Torna sopra i duemila miliardi lo stock del debito pubblico a gennaio, secondo i dati pubblicati ieri da Banca d’Italia nel supplemento al Bollettino statistico «Finanza pubblica». La soglia era già  stata sfondata in ottobre e novembre 2012. Ora l’incremento di 34 miliardi, rispetto al mese precedente, spinge il dato verso un nuovo massimo storico: 2.022,7 miliardi. Una cifra che, divisa per i circa 60 milioni di italiani, fa un carico a testa di 34 mila euro.
Il nuovo fabbisogno rispetto a dicembre, pari a 0,9 miliardi, ha contribuito in parte all’aumento del debito. Mentre l’emissione di titoli sopra la pari e l’apprezzamento dell’euro hanno controbilanciato questo effetto per 0,5 miliardi. Sempre nel mese di gennaio, il sostegno dei Paesi dell’area dell’euro in difficoltà , cioè la quota di competenza dell’Italia dei prestiti erogati dall’Efsf (fondo salvaStati) è costata 0,4 miliardi, portando complessivamente tale contributo a 43 miliardi.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 34,5 miliardi, mentre quello degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato e quello delle Amministrazioni locali è diminuito dello 0,5 miliardi. Un dato, quest’ultimo, accolto dall’Anci (associazione dei Comuni) come «un’ ulteriore conferma della virtuosità » di queste.
In aumento dello 0,8%, rispetto a un anno fa, risultano le entrate tributarie, contabilizzate nel bilancio dello Stato per 30,75 miliardi. Sempre ieri il ministero dell’Economia ha corretto il dato del fabbisogno del settore statale di gennaio portandolo a 2.437 milioni di euro rispetto al dato provvisorio che si era fermato a 2.200 milioni. Si tratta del saldo tra il dato delle entrate, pari a 35.610 milioni, e quello delle spese: 38.047 milioni, di cui 2.252 per interessi.
E, a proposito di debito, l’operazione di riacquisto dei propri titoli da parte di Banca d’Italia, realizzata ieri, ha portato al rientro di titoli per un valore nominale di 2,85 miliardi, a fronte di offerte di cessione, avanzate dagli operatori, di 5,04 miliardi. «Particolarmente elevate – afferma Bankitalia – sono state le richieste per i due Btp, aventi prezzi superiori alla pari. I prezzi medi ponderati di riacquisto di tutti i titoli sono stati tendenzialmente in linea con il secondario, dove gli scambi erano comunque limitati». Qui il differenziale fra Btp decennali e omologhi Bund tedeschi ieri ha chiuso a 315 punti. Il rendimento dei nostri titoli resta fermo al 4,60%. Finisce la settimana in rialzo, invece, lo spread dei Bonos che sale a 347 punti, con un rendimento al 4,92%.
E sulle sorti del deficit pubblico italiano ieri ha avanzato fosche previsioni il Nens. Il centro studi, creato da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani, ipotizza un peggioramento delle stime del governo attuale sul deficit, pari all’1,6% del Pil, al 3,3%, con il rischio dunque di una procedura d’infrazione. Il peggioramento sarebbe dovuto a un calo delle entrate, in particolare dell’Iva, a causa di «comportamenti evasivi».
Antonella Baccaro


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