D’Alema divide il Pd. Ma il Pdl apre

by Sergio Segio | 1 Marzo 2013 6:27

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ROMA — «Ho solo fatto un appello alle forze politiche perché sono una persona preoccupata per l’avvenire del Paese…. Ma sarebbe un suicidio fare un governissimo con il Pdl, dando l’idea che la vecchia politica si arrocca»: quindi, è il conseguente ragionamento di Massimo D’Alema, ora il Pd, che ha la maggioranza alla Camera, ha il dovere di provare a formare un governo e gli altri partiti devono assumere la responsabilità  istituzionale di far nascere un nuovo esecutivo, sia esso un governo di minoranza guidato da Bersani che poi è l’unica chance che l’Italia ha, «ad oggi». Quanto a Grillo: «Non si illuda di spingerci verso un governissimo, noi non lo faremo mai perché sarebbe l’errore più grave». Ma il presidente del Copasir fa anche un passo in più e invita il leader del M5S a compiere una scelta chiara: «Se Grillo vuole, si assuma le sue responsabilità . O si va a nuove elezioni».
Massimo D’Alema ha ripetuto questi concetti per tutta la giornata e lo ha fatto in più sedi. Dopo aver incassato molte critiche soprattutto in casa del Pd alla sua intervista al Corriere della Sera («D’Alema: impegno con 5 Stelle e Pdl. A loro la guida delle Camere»), l’ex premier ha partecipato alla colazione offerta a Villa Taverna da John Kerry ai big della politica italiana e lì ha potuto spiegarsi rispondendo a una domanda diretta del segretario di Stato Usa. Poi ha partecipato al vertice con Bersani, Letta e Veltroni al Nazareno e, infine, ha riproposto con una intervista al Tg1 delle 20 la sua ricetta «per salvare il Paese perché neanche Grillo può volere che si precipiti verso nuove elezioni». E tanto per essere chiari, Pdl e M5S si assumerebbero anche l’onere e l’onore di indicare profili degni per le presidenze del Senato e della Camera.
Eppure, nonostante gli sforzi di risultare chiaro e convincente, D’Alema è stato investito da una valanga di critiche mosse da molti esponenti del Pd mentre, paradossalmente, il gradimento più alto alla sua intervista al Corriere è arrivato dal Pdl che si è sentito rimesso in gioco.
Anna Finocchiaro, da sempre vicina al pensiero dalemiano, sposa solo in parte il ragionamento: «Né alleanze con il Pdl e a mio avviso neanche ipotesi di governissimo. La proposta di Bersani è l’unica possibile per stanare in Parlamento chi ci sta. Vediamo chi si prende la responsabilità ». Più cauta l’ex capogruppo sull’ipotesi che le presidenze del Senato e della Camera vadano a Pdl e M5S: «Non è questo il punto. Il punto è come governare il Paese senza aumentare i problemi».
Con D’Alema, invece, è duro il neo deputato Pippo Civati che scrive sul suo blog quello che molti pensano nel Pd di Bersani: «Perché chi non fa più parte dei gruppi parlamentari dà  la linea ai gruppi parlamentari?». In altre parole, a che titolo parla l’ex premier che nell’ipotesi di un accordo con il M5S dovrebbe per forza rimanere nelle retrovie?
La spina nel fianco di Bersani, piantata da D’Alema, brucia ovviamente ai piani alti del Nazareno. Dove, ancora ieri, è continuato impetuoso il flusso di mail di militanti e simpatizzanti che chiedono al partito di non fare alcun accordo politico con il Pdl di Berlusconi. Nico Stumpo, membro della segreteria, conferma che alla direzione di mercoledì 6 marzo verranno discussi i punti programmatici che il segretario sta mettendo nero su bianco con il suo braccio destro, il neo senatore Miguel Gotor (visto ieri a Palazzo Madama dove ha fatto una prima ricognizione). Ma nello schema di gioco proposto da Bersani, si inserisce ora la variabile introdotta da D’Alema che comunque viene respinta al mittente dal deputato milanese Emanuele Fiano e suscita l’ironia di Claudio Petruccioli e di Salvatore Vassallo: «Ancora una volta D’Alema ci dice come va il mondo e che lui aveva previsto tutto».
Nel Pdl, invece, l’apertura istituzionale di D’Alema suscita interesse e qualche speranza: «È una proposta degna di riflessione, certamente più equilibrata di altre», dice Fabrizio Cicchitto. D’Alema «apre la discussione» e intanto «commissaria Bersani», chiosa Maurizio Gasparri: «È ovvio che le parole di D’Alema rappresentano un elemento di discussione, parlare di presidenze delle Camere è importante perché naturalmente occorre guardare all’equilibrio istituzionale. Tuttavia, francamente, la soluzione che indica D’Alema mi sembra difficilmente praticabile. Ma siamo solo alla prima mossa, vediamo quali saranno le prossime».
Dino Martirano

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