”Dal 2014 gli enti non profit non potranno distribuire cibo”

by Sergio Segio | 7 Marzo 2013 18:20

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MILANO – “Dal 2014, enti non profit come il Banco alimentare non potranno più distribuire molte centinaia di tonnellate di cibo, finora messe a disposizione dall’Unione europea”. Il sociologo Giancarlo Rovati (università  Cattolica) lancia l’allarme in occasione di Convivio, un convegno di due giorni (oggi e domani) sui temi del diritto al cibo e dello sviluppo sostenibile, in vista dell’Expo 2015, organizzato dal laboratorio ExpoLab dell’ateneo milanese con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano.

“In Italia il cibo non manca, ma c’è un problema di aiuti alimentari per i 3,4 milioni di persone che vivono in povertà  assoluta”, spiega Rovati. “Fino a 5 anni fa, in Europa si producevano eccedenze alimentari che venivano ritirate dal mercato per mantenere alta la domanda, non far crollare i prezzi ed evitare di fare fallire le aziende -spiega Rovati-. Negli ultimi 5 anni però non ci sono state eccedenze fisiche e gli aiuti sono stati sostituiti da erogazioni monetarie per comprare cibo sul mercato. La Germania, però, ha evidenziato che le politiche sociali di contrasto alla povertà  rientrano nella competenza degli Stati e non dell’Unione e si è appellata alla Corte di giustizia europea. Così, il 14 novembre 2011, l’Unione ha deciso di continuare a distribuire 500 milioni di euro alle organizzazioni non profit che forniscono cibo agli indigenti soltanto per il 2012 e il 2013, stabilendo che dal 2014 questi fondi non vengano più erogati”.

Un provvedimento che danneggerà  ache il terzo settore italiano che distribuisce generi alimentari a lunga conservazione (oltre alle 8mila realtà  che fanno capo al Banco alimentare, ci sono altre circa 7mila associazioni che lavorano con Caritas, Croce Rossa e Protezione civile). “Ci sono associazioni affiliate al Banco alimentare, in Sicilia, che dipendono per l’85 per cento dagli aiuti europei -spiega Rovati-: questo stop creerà  quindi una situazione drammatica, che non si risolverà  a meno di  aumentare il sistema degli aiuti interni, collaborando con le istituzioni pubbliche, la filiera agroalimentare e la grande distribuzione”. A rischio, è soprattutto quel 5 percento di popolazione (pari a 3,4 milioni di persone) che vive sotto la soglia della povertà  assoluta (984 euro per una famiglia di 2 persone in un piccolo comune del Nord, 761 euro in un piccolo comune del Sud, secondo dati Istat relativi al 2011): 1,3 milioni di famiglie che, a diverso titolo, dichiarano difficoltà  ad alimentarsi in modo soddisfacente, soprattutto dal punto di vista della qualità  e della varietà  dell’alimentazione.

“Ma in Italia di cibo ne sprechiamo anche molto -aggiunge Roberto Zoboli, docente di Politiche economiche per le risorse e l’ambiente in Cattolica-: circa 20 miliardi di euro all’anno sul totale della filiera, di cui poco più di 13 miliardi nella fase post consumo” dice il professore, anticipando le stime di uno studio sugli sprechi di prossima pubblicazione da parte di Expolab, il gruppo di lavoro dell’università  Cattolica che lavora sui temi dell’Expo 2015 (“Nutrire il pianeta, energia per la vita”, ndr).

E anche all’estero, il nodo dell’emergenza alimentare riguarda soprattutto l’aspetto distributivo: “Un problema che riguarda soprattutto alcuni paesi dell’Africa sub sahariana, dell’America Latina, dell’Asia e della fascia geografica compresa fra il Nord Africa e il Medio Oriente -dice Piero Conforti, economista agrario della Fao-. Dietro tutto questo c’è un problema di economia e di funzionamento delle società , dei governi e di definizione delle politiche economiche: per questo è necessario tornare a investire in agricoltura e farlo in maniera efficiente, investendo in nuove tecnologie e adattandole alle caratteristiche dei diversi contesti, creando le condizioni per permettere agli agricoltori di investire e ai mercati di funzionare meglio”.
(ar)

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