Cina, inizia l’era di Xi Jinping

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PECHINO — La Cina proclama Xi Jinping presidente, ma scopre di avere alla guida il leader più debole degli ultimi vent’anni. Per la prima volta il neo segretario generale del partito comunista, divenuto anche capo dell’esercito nel congresso di novembre, si troverà  a comandare mentre i suoi due predecessori, Jiang Zemin e Hu Jintao, sono in vita e politicamente attivi. Fino al 2017 la “cricca di Shanghai” e gli esponenti della Lega della gioventù comunista monopolizzeranno inoltre sia il Comitato centrale che la stretta cerchia del Comitato permanente, frenando l’ansia riformista esibita dai “principi rossi”, base del consenso di Xi Jiping. E tra cinque anni, alla scadenza del primo mandato, aperture e riforme potrebbero incontrare ostacoli più difficili. Tra i sette membri del Politburo, solo il presidente e il prossimo premier,
il delfino di Hu, Li Keqiang, non raggiungeranno l’età  della pensione e governeranno la Cina fino al 2017. Ma attorno a loro saranno cresciuti i promossi di Jiang e di Hu, oltre che gli allievi del premier uscente Wen Jiabao, leader più popolare del Paese.
Costruire un consenso personale e ottenere l’appoggio dell’esercito per varare riforme indispensabili a evitare l’implosione del sistema è la missione di Xi Jiping, il “leader fragile e solo” che il 17 marzo sarà  incoronato “imperatore” della seconda economia mondiale. Il primo passo è stato mosso ieri, quando a Pechino i tremila deputati dell’Assemblea Nazionale del Popolo hanno aperto la sessione annuale. Wen Jiabao ha tenuto il suo “rapporto d’addio”, ricordando i trionfi economici del “decennio d’oro” cinese, segnato da una crescita del Pil a doppia cifra. Wen ha ridotto al 7,5% gli obbiettivi di crescita per il 2013, inferiori anche al 7,8% dell’anno scorso, peggior risultato degli ultimi tredici anni. Continuerà  invece a rafforzarsi il budget della difesa, che tanto allarma i vicini dell’Asia e il presidente Usa, Barack Obama. Le spese militari saliranno ufficialmente del 10,7%, rispetto all’11,6% del 2012, impegnando quasi 116 miliardi di dollari. Nel Pacifico la tensione continua a salire — ha spiegato Fu Ying, prima donna portavoce del parlamento — e Pechino è decisa a trasformare i 2,5 milioni di soldati del suo esercito nell’armata più moderna del pianeta.
Tra le grandi novità  del “tramonto dei tecnocrati”, l’irruzione nell’Assemblea nazionale dei problemi che negli ultimi mesi hanno occupato la Rete e cominciato a formare un’opinione pubblica che sfugge alla censura. Al primo posto la lotta alla corruzione e ai privilegi dei funzionari, seguita dalla riduzione del divario tra ricchi e poveri, dalla deburocratizzazione del partito, dalla guerra allo smog e ai veleni che stanno intossicando il Paese, dalla sicurezza alimentare, dalla fine dell’obbligo di figlio unico e dall’estensione del welfare ad oltre duecento milioni di migranti. Assieme alla «trasparenza» e alla «sobrietà » del potere, l’accelerazione dell’urbanizzazione è il primo punto nell’agenda della nuova coppia Xi Jinping-Li Keqiang. Nelle campagne il reddito medio è un decimo di quello urbano e una massa di oltre 750 milioni di cinesi resta esclusa dai consumi. «La Cina però — ha detto Wen Jiabao — per non crollare deve sottrarsi alla monocoltura delle esportazioni». L’Occidente consumerà  meno e Pechino, per cambiare modello di sviluppo, deve prodursi anche i consumatori. Di qui la sfida dell’urbanizzazione, con decine di città  da espandere in metropoli entro cinque anni e con l’impressionante massa dei «trapiantati»
in attesa di fondi e diritti per convertirsi al «consumare è glorioso ». Un’impresa storica: a patto che nei prossimi giorni Xi Jinping conquisti l’esercito, lo convinca a lasciarlo meno solo nella lotta tra gli eredi di Jiang Zemin e di Hu Jintao, e a non cedere alle sirene della guerra che sempre più affollano l’Oriente. Riforme in cambio di stabilità : il «leader fragile » si gioca il futuro, il resto del mondo anche il presente.


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