Ci vorrebbe un servo dei servi di Dio

by Sergio Segio | 12 Marzo 2013 12:06

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Per l’opinione pubblica, un grande gesto di umiltà , soprattutto in questi tempi in cui molti politici si credono immortali e non possono neanche immaginare di vivere lontano dal potere. CONTINUA|PAGINA6 In Italia è il caso di Berlusconi, il quale ha provato ancora una volta a diventare primo ministro, e qui in Brasile è il caso di molti politici, abituati a lottizzare la Repubblica e a trattare ministri e capi di autarchie da loro designati come un proprietario terriero tratta i suoi mezzadri. La Chiesa è un’istituzione di origine divina ma formata da esseri umani che quotidianamente devono pregare «rimetti a noi i nostri debiti… e non ci indurre in tentazione». Ma in tentazione ci cadono, e danno origine a scandali come quelli relativi ai reiterati casi di pedofilia.
Chiunque abbia familiarità  con la storia della Chiesa sa quanti abusi e crimini siano stati commessi in nome di Dio. Per citare solo i casi del Brasile, durante il periodo coloniale vescovi e sacerdoti sono stati conniventi con la schiavitù; l’Inquisizione ha catturato ed eliminato persone sospette, poi condotte in carcere e al rogo in Portogallo; e l’espressione «santo di legno cavo» evoca il contrabbando di oro e diamanti di cui erano piene le immagini di santi portate all’estero da sacerdoti.
L’essere umano ha due limiti insormontabili: periodo di validità  (tutti dobbiamo morire) e difetti di fabbricazione (ci muoviamo tra luci e ombre). Questo è ciò che la Bibbia chiama peccato originale.
Nel passaggio dall’origine divina alla natura di istituzione, la Chiesa commette l’errore di cercare di coprire con il velo della virtù i frutti del peccato. Perché chiamare Sua Santità  il Papa, se anche lui è un peccatore e deve chiedere la misericordia di Dio? Perché definire «sacre» le Congregazioni del Vaticano che agiscono come ministeri di una monarchia assoluta?
Più alto è il livello, più traumatica è la caduta. Il velo della virtù si è strappato dinanzi agli scandali di pedofilia e in questi giorni con la rivelazione della rete di prostituzione che opera a Roma e fornisce servizi sessuali da parte di seminaristi.
Tutto questo non sminuisce il merito di molti membri della Chiesa che offrono le loro vite perché altri abbiano la vita, come nel caso dei vescovi Pedro Casaldà¡liga, Paulo Evaristo Arns, José Marà­a Pires, e tanti sacerdoti, religiosi e religiose che, privi di qualunque comodità  o lusso, si dedicano ai malati, ai poveri, ai tossicodipendenti, ai carcerati.
Il fatto grave è che la Chiesa non si apra al dibattito sulle questioni scottanti che riguardano la condizione umana. «Nulla di ciò che è umano è estraneo alla Chiesa», ha detto papa Paolo VI. Purtroppo non è vero. Intorno al tema della sessualità  si è creata una spessa cortina chiusa con il lucchetto dei tabù e dei pregiudizi. Anche se nella pratica il tema è discusso all’interno dell’istituzione ecclesiastica, in realtà  è ufficialmente vietato mettere in discussione l’obbligo del celibato, l’ordinazione sacerdotale delle donne, l’uso del preservativo per prevenire l’Aids e altre patologie, la sessualità  finalizzata al piacere (e non alla procreazione), l’aborto in situazioni particolari, l’unione degli omosessuali, ecc.
Il nuovo Papa non potrà  eludere questi temi, altrimenti la Chiesa correrà  il rischio di svuotarsi o di continuare a convivere con l’ipocrisia di una morale contenuta nella dottrina in contraddizione con la morale vissuta dai fedeli. Oltre a far cadere il velo della virtù, la Chiesa dovrebbe chiedersi che senso abbia che il papato proclami che essa non si intromette nella politica mentre il Vaticano rimane uno Stato sovrano, con rappresentanza alle Nazioni Unite e nunzi apostolici come ambasciatori in diversi paesi.
Il Papa dovrebbe limitarsi a essere il pastore dei fedeli cattolici, il vescovo di Roma che funge da parametro alla comunione universale nella fede, e non un monarca assoluto con poteri di intervento in tutte le diocesi del mondo. Il Concilio Vaticano II ha proposto per la Chiesa un governo collegiale, che Paolo VI non ha realizzato e Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non hanno accettato. La mosca blu (da A mosca azul, titolo di un libro di Frei Betto, ndr) sembra pungere anche il papato.
Questa «ebbrezza della vittoria», come diceva Toynbee, ha fatto sì che la cecità  impedisse al pontefice di scongiurare la corruzione nella banca vaticana, il furto di documenti segreti nella Curia Romana, il tradimento del suo maggiordomo, e tanti altri scandali che oggi offuscano profondamente l’immagine della Chiesa. Gesù non si è fatto accompagnare da un gruppo di individui perfetti o di santi. Pietro l’ha rinnegato, Tommaso ha dubitato di lui, Giuda l’ha tradito, i figli di Zebedeo aspiravano al potere temporale. Non erano nemmeno tutti casti e puri. Nel primo capitolo del Vangelo di Marco si afferma che Gesù guarì la suocera di Pietro. Se aveva una suocera, è perché aveva una moglie. Ma non per questo smise di essere considerato il capo della comunità  di apostoli.
Chi cammina senza saltare inciampa meno. È ora che il Papa indossi le scarpe del pescatore, rinunci ai titoli onorifici ereditati dall’impero romano e assuma, collegialmente con i cardinali di tutto il mondo, il più evangelico di tutti i titoli: servo dei servi di Dio.

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