by Sergio Segio | 15 Marzo 2013 18:22
ROMA – La Carta del carcere e della pena ha ricevuto l’approvazione da parte dell’Ordine nazionale dei giornalisti, ma la parte che riguarda il diritto all’oblio per gli ex detenuti è stata stralciata. A darne notizia è Gerardo Bombonato, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, durante il convegno di presentazione del codice deontologico per giornalisti che si occupano di persone private della libertà tenutosi in mattinata presso il carcere di Regina Coeli, a Roma. “L’Ordine nazionale ha approvato la carta nell’ultimo Consiglio nazionale – ha spiegato Bombonato -, ma la cattiva notizia è che sono state tagliate alcune parti che ritenevamo essenziali, come il riconoscimento del diritto all’oblio, nonostante a livello europeo si stia lavorando a norme in tal senso su cui ci saranno anche multe pesantissime”.
Un risultato importante, quello annunciato oggi, che però ha smorzato l’entusiasmo dei promotori. Due, infatti, le colonne portanti della cosiddetta Carta di Milano: al primo posto la regola l’attenzione al trattamento delle informazioni riguardanti i cittadini detenuti, soprattutto nel delicato passaggio del reinserimento nella società e alle misure alternative, spesso confuse con un ritorno alla libertà . Secondo pilastro, invece, proprio il diritto all’oblio per gli ex detenuti, affinché non restino esposti senza limiti di tempo ai danni che la ripetuta pubblicazione di una notizia può arrecare. Tuttavia, quest’ultimo punto non ha passato il vaglio del Consiglio nazionale, ma per Bombonato ci sono ancora i termini per lavorarci. Questione delicata sottolineata anche da Ornella Favero, direttrice di Ristretti orizzonti. “La mancanza del diritto all’oblio non inchioda semplicemente la persona al reato – ha affermato -, ma anche a come è stato raccontato. Dobbiamo avere il coraggio di dire che il passato di una persona non può essere una condanna a vita”.
Effetti collaterali della mancanza di tale diritto raccontati durante i lavori da Luigi Pagano, vice direttore del Dap, che ha ricordato il caso Vallanzasca, che dopo aver scontato la propria pena e tornato in libertà ha perso il posto di lavoro per essere stato “scoperto” da un giornalista. Pagano ha ricordato anche come il linguaggio giornalistico a volte sia poco rispettoso anche nei confronti degli operatori che lavorano negli istituti, chiamati spesso “secondini”. “La cattiva stampa non aiuta il processo di reinserimento e gli sforzi non vengo messi in luce come meriterebbero – ha detto Pagano -. Nonostante il lavoro che stiamo facendo per rendere trasparenti gli istituti di pena, tali sforzi vengono spesso riportati dai media allo stesso livello delle critiche ingiustificate”. Dal vice direttore del Dap, infine, un’apertura al mondo dei giornalisti e l’annuncio di voler “riaprire le sale stampa in alcuni istituti e ridare parola ai provveditorati per comunicare sia eventi critici che notizie positive”.
Apertura confermata anche da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone onlus, soprattutto negli ultimi anni. Nel ribadire l’impegno delle associazioni nel “lavoro culturale” di supporto al mondo dell’informazione, Gonnella ha evidenziato però che manca ad oggi una figura specializzata nelle redazioni giornalistiche. “Non c’è chi si occupa di questi temi, un penitenzialista – ha detto Gonnella -. Mentre ci sono e sono tanti i vaticanisti”. Ai giornalisti si è rivolta anche Giovanna Di Rosa, membro togato del Consiglio superiore della magistratura e in passato magistrato di sorveglianza a Milano. “I giornalisti hanno una grande responsabilità perché orientano l’opinione pubblica e quella dei politici – ha affermato – e la non completa descrizione dei fatti può diventare fuorviante. Il lavoro dei giudici diventa anche più efficace quando ben descritto dai giornalisti, mentre quando prevale il cattivo giornalismo può capitare si verifichino anche attacchi diretti ai magistrati. Dobbiamo fare un salto di qualità e dobbiamo farlo tutti insieme”.
A margine del convegno, infine, Pagano ha annunciato le prossime mosse del Dap, come l’apertura di due nuovi istituti penitenziari in Sardegna, di 3 sezioni in Lombardia, 2 in Calabria e altre sezioni in Campania, Abruzzo, Emilia e Piemonte. Interventi che verranno approfonditi durante la conferenza stampa che si terrà martedì prossimo presso il museo criminologico di Roma. Mentre sul sovraffollamento, Pagano ha avanzato l’ipotesi dei domiciliari ai detenuti che devono scontare l’ultimo anno di pena, riducendo così il numero complessivo di detenuti di 10.200 persone. Dato che salirebbe a 15mila se venissero presi in considerazione tutti quelli che devono scontare gli ultimi 18 mesi di pena.(ga)
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