by Sergio Segio | 5 Marzo 2013 8:19
NEW YORK — «Vede la foto di questo bambino poverissimo che emerge solo con gli occhi e la fronte da una vaschetta smaltata? Lo sto mettendo in tutte le stanze della Fondazione. E ai nostri dipendenti diciamo che ogni giorno devono guardarla e chiedersi se quello che stanno facendo è utile per quel bimbo. Se la risposta è negativa vuol dire che quell’ufficio è fuori strada». Era la fine del 2006 e Sylvia Mathews Burwell raccontava così al Corriere il suo impegno per creare una filantropia più efficace, gestita con partecipazione umana ma anche efficienza aziendale, mentre visitavo la sede della Fondazione di Bill e Melinda Gates a Seattle.
Quella donna energica, che dopo aver guidato il Global Development Fund, la struttura operativa dell’ente di beneficenza creato dal fondatore della Microsoft, è andata a gestire le attività filantropiche del gruppo WalMart, ieri ha cambiato casacca: Barack Obama l’ha chiamata al suo fianco nominandola direttore dell’Omb, l’ufficio del Bilancio della Casa Bianca. Dalla beneficenza ai tagli al bilancio federale nell’era della «sequestration»: un salto apparentemente mozzafiato, ma per Sylvia è solo un ritorno alle origini. Nata in West Virginia da una famiglia di origini greche, una carriera iniziata nella società di consulenza McKinsey, la Mathews andò a lavorare per Bill Clinton nella campagna elettorale del 1992 e poi alla Casa Bianca dove fu vicecapo di gabinetto insieme a John Podesta (incarico alternato con quello di capo di gabinetto di Bob Rubin al Tesoro). Bill e Hillary Clinton la vedevano già avviata alla politica: pensavano di aiutarla a correre per una candidatura al Senato.
Ma quando il presidente democratico lasciò la Casa Bianca, lei scelse, a sorpresa, la filantropia. Oggi un altro improvviso cambio di rotta col ritorno alle origini. Qualcuno ironizzerà dicendo che, dopo le nazioni povere dell’Africa, ora le tocca occuparsi di un altro Paese in difficoltà , alle prese con una crisi fiscale pesante: gli Stati Uniti. Una battuta, ma fino a un certo punto: anche Bill Gates ha ormai esteso il campo dei suoi interventi filantropici, un tempo tutti concentrati sull’Africa, anche all’America, soprattutto per quanto riguarda la scuola.
Doti umane, competenza e tendenza al basso profilo, sono le caratteristiche che hanno spinto Obama a chiederle di lavorare al suo fianco. Toccherà anche a lei discutere dei tagli coi repubblicani e cercare di attutire gli effetti dell’austerità sul funzionamento della macchina federale. Il presidente ieri ha fatto anche altre due scelte importanti: ha scelto come nuovo ministro dell’Energia Ernest Moniz, un professore del Mit di Boston. Moniz è uno scienziato specializzato in fonti alternative che è stato anche il principale referente degli accordi dell’Eni col Massachusetts Institute of Technology nel campo delle energie rinnovabili. Obama ha poi ha nominato un’altra donna, Gina McCarthy, alla guida dell’Epa, l’Ente per la protezione dell’ambiente: un’agenzia federale che è da anni nel mirino dei conservatori. L’Epa è accusata di imporre vincoli eccessivi alle aziende frenando la crescita e ingabbiando il dinamismo degli imprenditori. Alla McCarthy viene, quindi, chiesto di essere anche un parafulmine. Non sarà facile, ma potrebbe anche rivelarsi la persona giusta perché in passato si è costruita buoni rapporti con la comunità degli affari che la considera un interlocutore duro ma pragmatico.
Obama, che alcune settimane fa era stato criticato perché si era circondato di troppi collaboratori al maschile sta, in realtà , affidando molti incarichi di responsabilità a donne: da Sally Jewell scelta come nuovo ministro dell’Interno (mentre alla Homeland Security resta Janet Napolitano) a Mary Jo White, chiamata a guidare la Sec, la Consob americana, a Lisa Monaco che arriverà alla Casa Bianca come consigliere antiterrorismo al posto di John Brennan, designato come nuovo capo della Cia.
Massimo Gaggi
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