by Sergio Segio | 4 Marzo 2013 7:48
ROMA — Nella testa di Pier Luigi Bersani la subordinata all’accordo con i Cinquestelle è una soltanto: elezioni anticipate. Il candidato premier del centrosinistra lo ha ribadito ieri sera a «Che tempo che fa», su RaiTre. Ha rivendicato che la prima parola tocca a lui e ha rilanciato la sfida al leader di M5S: «Dico a Grillo, che gioca a fare l’uomo mascherato, che io non apro tavolini e non sto qui a scambiare le sedie. Adesso dica cosa vuole fare. Tutti a casa? Però anche lui».
I maggiorenti del Pd lo pressano perché assuma una posizione più cauta, ma il leader non molla. «Andrà dritto per dritto», confermano i fedelissimi. Il leader democratico si è convinto che appoggiare un governissimo col Pdl sarebbe «un suicidio politico» e insiste nell’arduo tentativo di mettere Grillo con le spalle al muro. Il governo del presidente è per Bersani uno scenario «irreale», viste anche le «cose di una gravità cosmica» che vengono imputate a Berlusconi riguardo al senatore De Gregorio. E quando Fabio Fazio gli chiede se ha incontrato Grillo, Bersani giura che «assolutamente no», ma accredita un contatto sulla rete e sul territorio, «un parlarsi tra i nostri e i loro». Al comico rimprovera di essere «molto tiepido» sull’evasione fiscale e, sul finanziamento ai partiti, difende «qualche forma di sostegno pubblico, altrimenti la politica la fanno solo ottimati e miliardari».
Mercoledì in direzione il segretario sconfitto rilancerà la linea del «governo di combattimento» con i Cinquestelle e dovrà ottenere il via libera di un «parlamentino» che ribolle di umori velenosi. Bersani sa che i distinguo ci saranno, ma sulla carta un buon 65 per cento di voti sono suoi e anche se in diversi hanno dato segni di smarcamento, pensa che la sua linea sarà approvata. D’altronde anche Matteo Renzi ha bisogno di tempo per tornare in campo… Se si votasse a giugno il Pd si ripresenterebbe alle urne «con Bersani candidato premier» dichiara Stefano Fassina, come se nulla fosse accaduto.
Mancano ancora due giorni e nulla è scontato. Dall’entourage del segretario — ribattezzato «il tortellino magico» per le origine emiliane di Bersani, Errani e Migliavacca — stanno partendo decine di telefonate per convincere i membri della direzione a stare uniti «per il bene della ditta». Si dice che i capicorrente siano preoccupati per l’ostinazione del segretario e che una mediazione sia in corso. Benedetta da Letta, Franceschini, Fioroni, Finocchiaro e Veltroni, la trattativa punta ad ammorbidire i toni e sintonizzarsi con gli appelli alla «misura» di Napolitano, il quale non può e non vuole sciogliere le Camere. «Voterò la linea di Bersani se dirà che le elezioni sono il male assoluto», avverte Beppe Fioroni.
Tra i pontieri con il Colle c’è il vicesegretario Enrico Letta e non è un caso che il lettiano Marco Meloni esprima fiducia a Napolitano, confidando nelle prerogative costituzionali del presidente: «Arrendersi anzitempo a una soluzione “greca” senza intraprendere un percorso di riforme fondamentali rischia di condurre soltanto al caos». Insomma, se Bersani fallisce la prospettiva non è il voto, ma un governo di responsabilità nazionale. Ora però è il momento dell’unità e anche Massimo D’Alema tornerà ad ammonire il M5S: «O Grillo si assume le sue responsabilità , o si va a nuove elezioni».
Da giovedì Bersani pubblicherà online il suo programma in otto punti, sui quali chiederà la fiducia. La sua determinazione a ottenere l’incarico dal capo dello Stato ha provocato incomprensioni e tensioni con il Quirinale, che ora il segretario cerca di stemperare: «Il presidente della Repubblica ha tutto il nostro rispetto e stima. Ha detto che le forze politiche riflettano, e adesso riflettono a voce alta come sto facendo io».
Monica Guerzoni
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