Battaglia finale a Bangui

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CAPE TOWN. Dopo ore di pesanti combattimenti a Bossembele, 160 km a nord-ovest della capitale, e intorno a Damara, 75 km a nord-est, Bangui è caduta nelle mani dei ribelli di Seleka che hanno rovesciato il presidente Franà§ois Bozize, salito al potere nel 2003 con un colpo di stato che destituì «l’imperatore» Jean Bedel Bokassa.
L’esercito governativo e le truppe sudafricane e chadiane, non sono riuscite a fermare l’offensiva dei combattenti che domenica mattina hanno raggiunto il palazzo presidenziale e preso il controllo dei punti strategici della città . Mistero su Bozize. Sono state infatti smentite dal ministro dell’informazione congolese, Lambert Mende, fonti ufficiali secondo cui, attraversato il fiume Oubangi nelle ore precedenti l’attacco, si trovi ora nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
Michel Djotodia, leader di Seleka, nominato poi vice-primo ministro incaricato della difesa nel governo di unità  nazionale insediatosi in seguito agli accordi di gennaio, si è autoproclamato presidente e ha confermato Nicolas Tiangaye, attuale primo ministro che gode del sostegno dei ribelli e dell’opposizione, alla guida del governo. «Stiamo ancora osservando lo spirito di Libreville» ha dichiarato domenica da Radio France Internationale il leader di Seleka, riferendosi agli accordi di pace firmati l’11 gennaio nel Gabon tra i comandanti ribelli, le forze di opposizione e l’amministrazione di Bozize. «È stato detto a Libreville che dovevamo organizzare elezioni libere ed eque. Nel giro di tre anni, abbiamo intenzione di farlo». Insomma, ci sarebbe l’impegno, pare, per un governo di coalizione, a seguito probabilmente delle dichiarazioni di condanna delle autorità  occidentali e africane.
Intanto la Francia, che ha solo interessi economici limitati nel paese da quando il gigante Areva ha sospeso nel 2011 il progetto Bakouma a seguito del crollo dei prezzi dell’uranio dopo il disastro di Fukushima, ha comunque assicurato l’invio di altre 300 truppe in aggiunta alle 250 già  sul territorio.
Il presidente Zuma ha confermato ieri mattina il bilancio di 13 morti e 27 feriti tra le file dei soldati sudafricani, aggiungendo che queste perdite non interferiranno con l’ambizione del Sudafrica di diventare una potenza regionale. Infatti, in base ad accordi di cooperazione militari siglati con la Repubblica Centrafricana nel 2007 e rinnovati per altri cinque anni a dicembre 2012, le truppe sudafricane stanziate contano più di 400 uomini.
Preoccupazioni sono state espresse anche dal Dipartimento di Stato americano che ha invitato entrambe le parti ad attenersi agli accordi di Libreville. Non si dimentichi che la Repubblica Centro Africana è uno dei paesi in cui gli Stati Uniti sono più direttamente impegnati ad assistere le autorità  locali nella lotta contro il famigerato gruppo ribelle Lord’s Resistance Army (Lra). Dichiarazioni di condanna anche da Ban Ki Moon che ha chiesto il ripristino dello stato di diritto. Tuttavia, chi più di tutti ha reagito con maggior concretezza è stata l’Unione Africana, che ha sospeso la Repubblica Centrafricana da tutte le attività  dell’Unione e imposto sanzioni ai ribelli.
Seleka, in lingua sango «alleanza», coalizione di cinque formazioni – la Convention des Patriotes pour la Justice et la Paix (Cpjp), la Convention des Patriotes du Salut du Kodro (Cpsk), l’Union des Forces Democratiques pour le Rassemblement (Ufdr), il Front Democratique du Peuple Centrafricain (Fdpc) e l’Alliance pour la Renaissance et la Refondation (A2R) – ha ripreso le ostilità  la settimana scorsa accusando Bozize di non aver rispettato alcune clausole dell’accordo di gennaio, le quali prevedevano la partenza delle truppe sudafricane, il reintegro dei ribelli nelle file dell’esercio regolare e la liberazione dei prigionieri politici.
Priva dell’attenzione strategica di cui godono stati come il Mali e la Somalia, la Repubblica Centrafricana resta uno dei paesi più poveri al mondo, nonostante i ricchi giacimenti di oro, uranio e diamanti di cui dispone, e probabilmente quello storicamente più instabile e isolato, a partire dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1960, al centro di un continente economicamente in crescita.


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