by Sergio Segio | 21 Marzo 2013 9:15
RAMALLAH — Forse le bandiere americane lungo il percorso verranno messe solo stamattina all’ultimo minuto, quando Barack Obama con il suo corteo presidenziale arriverà alla Muqata per incontrare il presidente palestinese Abu Mazen. Rimossi dalle strade i manifesti con la faccia del presidente americano cancellata con una X rossa. Discretamente la “Sicurezza preventiva”, i servizi segreti dell’Anp, e migliaia di poliziotti in divisa, assicureranno che le due ore della visita presidenziale scorrano tranquille. Perché la piazza è in fermento, il disincanto e il pessimismo di Abu Mazen si riflettono nelle strade della “capitale provvisoria” palestinese diventando delusione, rabbia e la protesta è pronta per esplodere.
I vertici palestinesi hanno evitato critiche al viaggio di Obama, ma in Cisgiordania appare chiaro che Israele è il vero centro della visita del presidente americano e il governo israeliano impegnato a sottolineare la dimensione storica delle sue relazioni con gli Usa. Finora, notano alla Muqata, in tutte le dichiarazioni Obama non ha mai nominato i palestinesi per nome, ma si limitato a definirli i “vicini” di Israele.
Non ha peli sulla lingua Mustafa Barghouti, medico e leader della non violenza palestinese. Si lamenta «della disparità di trattamento » riservata ai palestinesi, notando che Obama visiterà in Israele la tomba del padre del sionismo Theodor Herzl e quella di Yizhak Rabin, ma non quella di Yasser Arafat a Ramallah, che pure con Rabin condivise un Nobel per la Pace nel 1994. «In accordo o in disaccordo con lui, il presidente Arafat è un simbolo per i palestinesi», dice l’ex ministro della Sanità . Mentre l’Air Force One in mattinata atterrava a Tel Aviv un gruppo di 200 attivisti palestinesi ha montato una dozzina tende e innalzato una bandiera palestinese gigante su una altura di fronte alla ormai famosa collina “E 1”, alle spalle di Gerusalemme, dove il governo Netanyahu intende costruire un insediamento colonico tagliando così ogni possibilità di comunicazione fra nord e sud della Cisgiordania, impedendo al futuro stato della Palestina di avere una contiguità territoriale. La polizia israeliana ha ordinato ai manifestanti di liberare l’area, subito dichiarata “zona militare”, ma per ora non ha cercato di abbattere il campo. Altre proteste a Betlemme, a Hebron — dove alcuni attivisti israeliani sono stati fermati — e a Gaza dove bandiere e poster del presidente Usa sono state bruciate.
«Peccato, che Obama sarà in Palestina per poco più di un paio d’ore», dice Nabil Shaat, ex premier e negoziatore palestinese, parlando dell’incontro di oggi e alla visita alla Natività a Betlemme prevista per venerdì. «La segregazione razziale, compreso il trasporto pubblico, è stato un periodo oscuro della storia americana: e questo sta accadendo oggi in Palestina», dice Shaat riferendosi ai bus “obbligatori” per i pendolari palestinesi che hanno il permesso di lavoro in Israele, «Obama, certamente sensibile sulla materia, è invitato a prendere nota del fatto». Il messaggio che daremo al presidente è chiaro, dice Shaat: «Non abbiamo bisogno di altri 20 anni di negoziati: abbiamo bisogno di decisioni coraggiose e ferme prima che sia troppo più tardi. Ci aspettiamo di più di un appello per la ripresa del processo di pace, ci aspettiamo azioni concrete sul terreno, che pongano fine all’occupazione israeliana dopo 46
anni».
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