Alta velocità , centrali e radar I conti di un Paese bloccato dai veti

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MILANO — Dalle piazze ai progetti delle grandi infrastrutture. L’effetto-tsunami del Movimento 5 Stelle, le spinte no global, le richieste di Sel, passano dalle parole ai fatti. E dopo le proteste no-Tav per contrastare il nuovo collegamento ferroviario con la Francia, si parte dal Sud. Con una serie di veti incrociati destinati a paralizzare la realizzazione di nuove opere in campo energetico in Sicilia e Calabria: dai rigassificatori di Gioia Tauro e Porto Empedocle, al nuovo elettrodotto Rizziconi-Sorgente, il «ponte elettrico» sullo stretto di Messina.
Ma il sistema dei veti sta già  contagiando altre regioni. Tanto per restare in tema di elettrodotti, a Mira, nella provincia di Venezia, il sindaco Alvise Maniero, eletto in quota M5S, ha appena votato una delibera che blocca la costruzione dell’elettrodotto Dolo-Camin. In Friuli è finita nel mirino dei grillini la nuova conduttura elettrica Redipuglia-Udine Ovest. E anche nelle Marche, immediatamente dopo le elezioni, i 5 Stelle si sono schierati contro il costruendo collegamento Fano-Teramo.
Non solo. Sempre in Sicilia c’è un altro tema caldo che potrebbe addirittura aprire un incidente diplomatico con gli Stati Uniti: con l’approvazione di una mozione dei grillini che in nome della difesa della salute impegna la Regione a revocare le autorizzazioni all’impianto satellitare americano di Niscemi, vicino a Caltanissetta, si sono costituiti i comitati «no-Muos» (dalla sigla del Mobile user objective system), che presidiano giorno e notte la base americana. Nei giorni scorsi ci sono anche stati scontri con le forze dell’ordine in occasione dell’arrivo di alcuni ufficiali in visita al presidio militare dove dovrebbe essere installato l’impianto satellitare dotato di tre antenne radar di circa 20 metri di diametro.
Il «ponte elettrico sullo Stretto» Il caso dell’elettrodotto siciliano è comunque quello destinato a fare più scalpore. Il nuovo collegamento elettrico Sorgente-Rizziconi, che Terna sta costruendo tra Sicilia e Calabria, impiegando ogni giorno 150 ditte e 90 addetti, è stato autorizzato dal ministero dello Sviluppo economico nel 2010, dopo un iter durato 3 anni e mezzo (7 volte oltre il limite di 180 giorni previsto dalla legge 239/04) e dopo essere stato discusso in più di 100 incontri e tavoli tecnici suggellati da accordi e protocolli d’intesa firmati da tutte le amministrazioni comunali interessate, comprese quelle che oggi contestano il progetto. Ma soprattutto, a distanza di 7 anni da quando l’opera venne inserita per la prima volta nel Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale.
E in realtà , la nuova linea Sorgente-Rizziconi, il cosiddetto «ponte elettrico sullo stretto di Messina» è un progetto strategico, non solo per la Sicilia ma per l’intero sistema elettrico nazionale: con un valore superiore a 700 milioni di euro rappresenta il maggior investimento di Terna attualmente in costruzione e uno dei più importanti in assoluto con numeri da record mondiale (il tratto sottomarino di 38 chilometri sarà  il più lungo cavo a corrente alternata al mondo), ma è anche un’opera fondamentale, sia per mettere in sicurezza l’isola e scongiurare il rischio di blackout, sia, soprattutto, per abbattere il costo dell’energia elettrica in Sicilia (costo che continua a registrare valori mediamente superiori del 35% rispetto alle altre regioni del Sud Italia, un gap che ogni anno si traduce in più di 600 milioni di euro di maggior costo, scaricato sulle bollette di tutti gli italiani).
Ma non basta. Gli esperti hanno calcolato che il ritardo nella realizzazione dell’elettrodotto siciliano è costato finora qualcosa come 3,5 miliardi di euro, quasi quanto il valore complessivo dell’Imu.
La contestazione dell’opera
Nell’area del messinese, in particolare tra Pace del Mela, San Filippo del Mela e San Pier Niceto, si sono formati diversi comitati che si oppongono all’opera, lamentandone la pericolosità  per la salute dei cittadini a causa dell’elettromagnetismo. Verso la fine dello scorso anno i comitati locali hanno intensificato la protesta con atti dimostrativi, sollecitando il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, di farsi promotore della richiesta a Terna di sospendere i lavori. Lo scorso 10 gennaio Terna ha ricevuto una lettera del governatore della Regione, annunciata poi durante una conferenza stampa, con la quale chiedeva la sospensione dei lavori. A cui ha fatto seguito l’immediata risposta di Terna: i lavori non si possono sospendere e l’opera deve essere completata nei tempi previsti (giugno 2015), ferma restando la disponibilità  al confronto e al dialogo con tutti. Il 5 marzo l’assemblea regionale siciliana ha approvato una mozione promossa dai grillini che impegna il governo regionale a porre in essere tutte le iniziative per modificare il tracciato dell’opera. Terna però, in occasione dell’incontro che si è svolto giovedì al ministero dello Sviluppo economico, ha ribadito ai rappresentanti regionali la disponibilità  ad esaminare eventuali ottimizzazioni e modifiche del tracciato, fermo restando che la loro realizzazione dovrà  necessariamente essere successiva al completamento e alla messa in esercizio dell’opera.
Contraccolpo Porto Empedocle L’idea di stoppare il rigassificatore di Porto Empedocle, il cui processo autorizzativo iniziato 8 anni fa è stato completamente esaurito con tutti i necessari via libera, ha invece subito — per il momento — uno stop. La mozione con il veto al rigassificatore è stata infatti bocciata dall’assemblea di Palazzo dei Normanni. Per il deputato dei Cinque Stelle, Matteo Mangiacavallo, si è trattato di «un incidente di percorso: la lotta del Movimento su questo fronte procederà ». E dal capogruppo Giancarlo Cancelleri è anche partita una stoccata ai gruppi politici che fanno parte dell’assemblea siciliana «che non hanno tenuto conto dell’alto rischio sanitario cui si espone la popolazione e del deturpamento di un’area dall’altissimo valore storico, a fronte di un vantaggio pressoché nullo, visto che la Sicilia non ha bisogno dell’approvvigionamento del gas di questa struttura». Struttura che, per inciso, tra spese di progettazione, lavori già  avviati e anticipi sulle compensazioni, ha finora comportato spese per 100 milioni. E che, in caso di ritiro dell’autorizzazione da parte della Regione Siciliana, potrebbe comportare una richiesta di danni da parte dell’Enel (che controlla il 90% di Nuove Energie, la società  impegnata nell’opera) valutati intorno al miliardo di euro, per danni dai mancati futuri guadagni previsti per i 20 anni di vita dell’impianto.


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