Accuse e sospetti tra i democratici Da Bersani toni meno duri sul Pdl

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ROMA — L’esile tela che Pier Luigi Bersani sta tessendo — dopo il preincarico di formare un governo conferitogli dal capo dello Stato — ora rischia di strapparsi anche a causa dei mal di pancia in arrivo all’interno del Pd alla vigilia della direzione del partito convocata per stasera. «E’ grave che in queste ore decisive una parte del Pd intervenga per indebolire il tentativo del presidente incaricato Bersani prospettando una possibile maggioranza con il Pdl per un “governo del presidente”», ha scritto su Facebook il fedelissimo del segretario Stefano Fassina.
In realtà , la dichiarazione del responsabile economico del Pd — che intendeva rintuzzare la sortita del renziano Graziano Delrio («Pronti a un governo di scopo con il Pdl, non è il momento di fare capricci») — era stata stoppata dai vertici del Pd per non alzare un polverone. Poi, però, Fassina ha voluto farsi sentire sul social network dando una scossa al secondo giorno di consultazioni. E così in serata, all’ora dei Tg, Bersani ha dovuto mettere in chiaro che questo non è il momento delle polemiche: «Mi sono occupato di tutt’altro e intendo occuparmi di tutt’altro. Il Pd a differenza di altri partiti vecchi e nuovi fa riunioni in streaming. E domani (oggi, ndr) ne faremo un’altra, sempre in streaming. Siamo un partito che discute e rispondo solo nelle sedi in cui si affrontano queste discussioni». Poi, per chiudere la vicenda, il Pd ha fatto sapere che Renzi aveva telefonato al segretario: «Nessun complotto, io non danneggio Bersani….».
Ieri, al piano nobile di Montecitorio, le consultazioni con le parti sociali hanno mostrato al presidente incaricato un Paese che sta andando in pezzi: «La crisi economica è pesantissima e non c’è più tempo da perdere. Il Paese non può certo permettersi di andare di nuovo al voto. Ci vuole stabilità  di governo per garantire la crescita…». A Bersani, lo hanno ripetuto il presidente del Censis Giuseppe De Rita, i rappresentanti delle organizzazioni agricole (Confagricoltura, Coldiretti, Confcoltivatori, Copagri), il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, Giuliano Poletti di Alleanza cooperative, Gaetano Stella di Confapi (piccole imprese) e tutte le sigle che rappresentano le professioni. E Bersani non ha certo tentato di ridimensionare il quadro che gli è stato descritto: «Abbiamo davanti a noi un panorama difficilissimo che definirei drammatico se non avessimo paura delle parole. Non gira il contante, non gira il credito… Per questo il governo in carica deve procedere con rapidità  per favorire il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione». Su questa strada, ha aggiunto Bersani, «il prossimo governo dovrà  avere come cifra l’economia reale e la vita dei cittadini. Altrimenti non troviamo il bandolo della matassa».
Bersani — che oggi incontra i sindacati, domani e mercoledì i partiti, mentre giovedì dovrebbe riferire al Quirinale — è convinto, o almeno mostra di esserlo, di poter far breccia nei settori più responsabili di Lega, Pdl e M5S per traghettare un gruppo di senatori (ne servono almeno 15, oltre ai montiani) che assicurino la fiducia al Senato al suo governo: «La mia proposta si rivolge a tutto il Parlamento, ogni forza può riconoscersi in tutto o in parte…», è dunque lo schema di gioco di Bersani che ieri ha accuratamente evitato di mettersi in contrapposizione con Silvio Berlusconi mentre si è concesso una battuta su Grillo: «Non può pensare di avere il monopolio del cambiamento…».
Il presidente incaricato non dice ancora quale sarà  la certificazione da presentare a Giorgio Napolitano per provare che il suo tentativo può avere successo. Però avverte che se lui fallisce sarà  complesso trovare altre soluzioni: «La mia strada è stretta ma è la più sensata» anche perché le altre «sono più complicate e difficili». E qui si apre il fronte interno con Renzi che invece vede, in seconda battuta, un governo del presidente sostenuto anche dal Pdl.
Dino Martirano


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